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Caso Emanuela Orlandi. Il fratello Pietro: “Fate partire presto la Commissione bicamerale d’inchiesta, è la mia unica speranza”

Sul caso Emanuela Orlandi sono ormai passati quasi 7 mesi dal voto unanime di Montecitorio per l'istituzione della Commissione parlamentare bicamerale d'inchiesta formata da 20 deputati e 20 senatori. Al Senato, invece, l’iter si è impantanato.

Sul caso Emanuela Orlandi sono ormai passati quasi 7 mesi dal voto unanime di Montecitorio per l’istituzione della Commissione parlamentare bicamerale d’inchiesta formata da 20 deputati e 20 senatori. Al Senato, invece, l’iter si è impantanato.

Di questo e altro ha parlato a “La Storia Oscura” su Radio Cusano Campus, il fratello della ragazza scomparsa il 22 giugno 1983, Pietro Orlandi, che, al microfono di Fabio Camillacci e Tiziana Ciavardini, ha rivelato: “Mi hanno assicurato che entro questa settimana ci sarà la conferenza dei capigruppo che farà richiesta di calendarizzazione. Tutti i capigruppo politici con cui ho parlato me lo hanno garantito; quindi mi auguro che a breve il presidente del Senato La Russa fissi il voto in aula. Voglio anche rivelare che il presidente della Camera Lorenzo Fontana dopo il voto a Montecitorio mi telefonò personalmente dicendosi contento del risultato raggiunto e garantendomi che l’iter al Senato sarebbe stato velocissimo. E invece non è stato così. Voglio lanciare un appello a tutti quei senatori che mi hanno promesso di far partire presto la Commissione, al Presidente La Russa, che quando l’ho incontrato si è detto molto favorevole alla nascita della Commissione stessa e al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano che mi disse ‘io ho la delega ai servizi segreti e questa Commissione è molto importante’”.

Proseguendo nel suo lungo ed accorato intervento, il fratello di Emanuela Orlandi ha anche aggiunto: “Evidentemente, il Vaticano non la vuole  e sta facendo di tutto per bloccarla perché è poco controllabile essendo formata da 40 persone e le audizioni potrebbero anche essere pubbliche; per la Santa Sede dunque c’è il rischio che possa uscire di tutto. Non a caso il Vaticano ha ritirato fuori la vecchia storia di mio zio, per screditarmi, per insinuare dubbi e dirottare l’attenzione su altro. D’altronde, il Vaticano tramite lo stesso Promotore di Giustizia Alessandro Diddi, ha detto chiaramente che non vuole l’istituzione della Commissione parlamentare. E invece questa Commissione è la mia unica speranza proprio alla luce del comportamento del Vaticano che dice di indagare sul rapimento di mia sorella ma fa nulla visto che dopo il colloquio di 8 ore che ho avuto nell’aprile scorso, non sono stato più contattato; eppure feci i nomi di 28 persone e portai le chat di whatsapp di telefoni riservati della Santa Sede di 2 persone vicine a Papa Francesco. Lo stesso memoriale lo abbiamo consegnato alla Procura di Roma. Ecco devo dire che, al contrario, i magistrati dello Stato italiano stanno lavorando. Perché dopo aver fatto una nuova richiesta di accesso agli archivi della Procura di Roma, dove tempo fa vidi che esisteva una stanza piena di faldoni relativi alla scomparsa di mia sorella e di Mirella Gregori, l’altra settimana ci sono tornato e quella stanza è completamente vuota: mi hanno detto che tutta la documentazione è al vaglio dei magistrati.”

Infine, concludendo, Pietro Orlandi ha affermato: “Nel frattempo, continuo a ricevere tante segnalazioni e molte riguardano la questione del convitto di frati a Londra dove sarebbe stata portata Emanuela dopo il rapimento. Credo che si dovrebbe seguire seriamente quella pista. Ma c’è qualcosa che ancora oggi pesa troppo sull’immagine della Chiesa e non solo. Non è un caso che un mese dopo la scomparsa di mia sorella ci fu un invito congiunto di Palazzo Chigi e Vaticano a non aprire una falla che difficilmente si potrà chiudere”.