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Cultura

100 Anni fa Trento entrava a far parte del Regno d’Italia

“Con parola ardente auspico la nostra guerra di redenzione, l’eroe presago del suo martirio offriva sé stesso in olocausto a ridestare le sopite virtù della patria, il popolo con frementi acclamazioni segnava il destino d’Italia”
Queste parole, ancora oggi visibili, in una lapide all’esterno del Teatro Verdi nella città di Ferrara raccontano l’importante discorso tenuto da Cesare Battisti la sera del 27 novembre 1914, invitato nella città estense da un giovane studente di legge ed interventista tale Renzo Ravenna, futuro Podestà della città dal 1926 al 1938 (a causa delle leggi razziali).
Bisognerà attendere 4 anni affinché i propositi di tale discorso verranno realizzati, che nel mentre vedranno le “spallate” sull’Isonzo, la Strafexpedition, Caporetto, il Piave con le Battaglie del Solstizio e la vittoriosa Vittorio Veneto, mentre nei cieli Francesco Baracca con i suoi della 91° Squadriglia incendiava le code degli aerei nemici, Gabriele D’Annunzio lanciava volantini su Vienna e Luigi Rizzo col suo MAS 15 silurava a morte la corazzata Santo Stefano, una delle ammiraglie della Marina Imperiale da Guerra di Austria e Ungheria.
 
Il 3 novembre 1918 alle ore 15.15, mentre a Villa Giusti, provincia di Padova, qualche ora più tardi sarebbe stato siglato l’armistizio da parte di Austria-Ungheria, le truppe italiane della I Armata, agli ordini del Generale Guglielmo Pecori Giraldi, con tre squadroni del XIV Reggimento “Cavalleggeri di Alessandria” del Colonnello Ernesto Tarditi in testa, entrarono nella città tridentina. Nei minuti che seguirono arrivarono anche gli Arditi del XXIX Gruppo d’Assalto, gli Alpini del IV Gruppo e, infine, gli Artiglieri del X Reggimento da Montagna.
 
Alle ore 16.10 a Trieste, invece, i Bersaglieri ciclisti sbarcarono dal cacciatorpediniere Audace ed Il Generale Carlo Petitti di Roreto proclamò la presa in possesso della città in nome del Re, il sogno irredentista venne portato a realizzazione, Trento e Trieste erano Italia.
 
Simbolicamente venne alzato il Tricolore Sabaudo sulla cima del Castello del Buonconsiglio, ove il 12 luglio 1916 al grido “Viva Trento italiana! Viva l’Italia!” il Tenente Cesare Battisti venne impiccato assieme al Sottotenente Fabio Filzi. Battisti a processo disse: ”Ammetto […] di aver svolto, sia anteriormente che posteriormente allo scoppio della guerra con l’Italia, in tutti i modi – a voce, in iscritto, con stampati- la più intensa propaganda per la causa d’Italia e per l’annessione a quest’ultima dei territori italiani dell’Austria; ammetto d’essermi arruolato come volontario nell’esercito italiano, di esservi stato nominato sottotenente e tenente, di aver combattuto contro l’Austria e d’essere stato fatto prigioniero con le armi alla mano. Rilevo che ho agito perseguendo il mio ideale politico che consisteva nell’indipendenza delle province italiane dell’Austria e nella loro unione al Regno d’Italia”.
Non respinse di fatto nessuna accusa mossagli contro, era un soldato italiano del 6° Alpini che combatteva contro il nemico catturato in azione e, quindi, non poteva essere un traditore, ma il fatto che fosse stato un suddito di Vienna, nonché deputato dal 1911 al 1914 della Camera dei deputati d’Austria, condizione sufficiente per essere condannato per alto tradimento ed affidato alle mani del boia Josef Lang, inviato appositamente dalla capitale dell’Impero.
 
In attesa dell’ufficializzazione dell’annessione al Regno d’Italia, il Trentino venne posto sotto il controllo del governatorato militare della Venezia Tridentina al cui comando venne nominato il Generale Guglielmo Pecori Giraldi. Solo con la firma del Trattato di Saint-Germain-en-Laye, il 10 settembre 1919, Trento divenne definitivamente italiana, l’Unità d’Italia, iniziata 71 anni prima con la Prima Guerra di Indipendenza, venne definitivamente completata.
 
 
 
Il Trentino pagò un pesante tributo a causa della guerra, dei circa 60.000 soldati che combatterono per l’Austria, corrispondenti a circa l’1% dell’intero Esercito Imperiale Austroungarico, 11.600 non fecero ritorno (19,3%), 14.000 furono feriti (23,3%), 12.000 erano prigionieri (20.0%), a questi è doveroso aggiungere gli oltre 110.000 sfollati tra Regno d’Italia e la nuova Repubblica d’Austria, su una popolazione complessiva di poco più 600.000 persone. I danni al sistema produttivo furono ingenti, in particolare nel settore primario, per quanto riguarda i terreni coltivabili si passò dai 527.000 ettari del 1914 ai 205.000 del 1918, i capi di bestiame furono dimezzati (da 106.000 a 54.000 unità), l’importante produzione vitivinocola venne ridotta oltre i ¾ (da 703.000 a 174.000 quintali). Infine, per quanto concerneva la situazione bancaria, gli investitori trentini non poterono recuperare i loro soldi investiti in Titoli di Stato Austroungarici, accedere ai conti o agli investimenti in possesso in Austria e/o in Ungheria e alla Corona Austroungarica venne stabilito un tasso di cambio fisso equivalente a 0,40 Lire Italiane, equivalente ad una svalutazione del 40% rispetto ai tassi di cambio prebellici.
 
 
 
Una curiosità che vale la pena ricordare fu che, davanti ai cavalleggeri, il primo ufficiale italiano a varcare il ponte sul Fersina era un Capitano fiorentino del 218° Reggimento Fanteria di nome Piero Calamandrei, futuro giurista e padre della Costituzione.
 
 
 
Stefano Peverati