Il crollo del viadotto Polcevera a Genova del 14 agosto ha causato 43 morti e di 15 feriti, da dividersi fra gli automobilisti in transito al momento del cedimento e gli operatori ecologici dell’AMIU presenti sull’isola ecologica sottostante.
L’ingegnere Riccardo Morandi curò il progetto del viadotto Polcevera negli anni ’60: per questo il viadotto è chiamato anche ponte Morandi. A suo modo, il ponte è diventato un duplice simbolo: da un lato, dell’Italia del boom economico; dall’altro, dei disservizi che Autostrade per l’Italia e l’apparato politico italiano si rinfacciano nel caso di avvenimenti simili.
Piccola panoramica sul ponte Morandi

In un certo senso, la scarsa cura della viabilità è un luogo comune italiano. C’è però poco da ridere quando a pagare, anche con la vita, sono persone innocenti. Già nel 2016 s’era discusso della pericolosità del ponte Morandi. Intemperie, usura e manutenzione non sempre all’altezza avevano spinto sempre più persone a guardare al progetto de “la Gronda” come alla soluzione per alleviare il traffico da e verso Genova.
L’analisi delle macerie e l’avvio di un’inchiesta giudiziaria dovranno accertare cause e modalità del crollo. Il ponte Morandi è composto d’una struttura mista: cemento armato precompresso per l’impalcato e cemento armato ordinario per le torri e le pile.
Il cemento armato della discordia: da Genova all’Italia

“Quel ponte (il viadotto Polcevera, NDR), che pure all’inizio sembrava coraggioso dal punto di vista tecnico, aveva evidenziato qualche problema che aveva richiesto continui interventi di manutenzione, come quello, imponente di 15 anni fa circa, quando misero dei tiranti in acciaio”. Così pochi giorni fa s’è espresso Settimo Martinello, direttore generale di 4 Emme, che gestisce i controlli e il monitoraggio di 50 mila ponti.
Le parole del direttore mostrano un quadro dei ponti italiani negativo. <<(…) Tutti i ponti italiani realizzati in calcestruzzo fra gli anni 50 e gli anni 60 sono arrivati a fine vita. Questi ponti sono fatti con una struttura di acciaio ricoperta di calcestruzzo>>.

La 4 Emme gestisce ponti locali, mentre i più grandi sono gestiti da Autostrade per l’Italia. <<Il ponte di Morandi è gestito dalla società Autostrade e va detto che, nel disastro generale, i ponti autostradali sono gestiti piuttosto bene. Lì ci sono mezzi e competenze>>, afferma Martinello.

Il caso del Trentino Alto Adige e prospettive per il futuro

Le amministrazioni locali, decaduto nel 1991 l’obbligo di far ispezionare i propri ponti, hanno lasciato spesso lo status quo, rattoppando con poche risorse diversi problemi strutturali.
Il Ponte dei Servi è finito sotto osservazione per l’evidente stato di usura d’alcuni piloni. L’Assessorato alle Infrastrutture, ambiente e urbanistica della Provincia autonoma di Trento ha diramato una nota nella quale s’afferma che <<Il Ponte dei Servi, vicino a Ponte Arche, non presenta problemi strutturali. (…) Controlli ed ispezioni al ponte sono stati eseguiti con regolarità da parte del personale cantoniere e dei tecnici del Servizio Gestione Strade>>.
Tale risposta nasce da alcune interrogazioni dei consiglieri della provincia di Trento sullo stato del Ponte dei Servi. Il Segretario della Lega Trentino, Mirko Bisesti ed Alessandro Savoi, Consigliere Provinciale Lega Nord Trentino, hanno recentemente sottolineato come il crollo del ponte Morandi non vada sottovalutato.

Se persino l’Alto Adige, che Martinello ha definito “amministrazione locale virtuosa” perché forma ed investe su ispettori e controlli, paventa gravi problemi di viabilità, cosa temere per l’intera Italia, che notoriamente sembra lassista su queste problematiche?
Pasquale Narciso