Vedere il nuovo sindaco di Trento, Ianeselli, salutare col pugno chiuso, ha suscitato un certo scalpore: onestamente, non vedo cosa ci sia da stupirsi o da preoccuparsi, visto che Ianeselli non ha mai fatto mistero delle proprie idee e stante lo spessore del comunismo lagarino.
A proposito di idee, mi vien da dire che ognuno ha le sue ed è giusto così: se votate ed eleggete un sindaco comunista, non aspettatevi che saluti alla maniera dei legionari romani.
A proposito, invece, della minacciosa pericolosità dei rivoluzionari trentini, vorrei raccontarvi un breve aneddoto, che si riferisce a un episodio di qualche -ahimè – annetto fa. Era appena uscito il primo romanzo di Gabriele Marconi, intitolato “Io non scordo”: si tratta di un’opera prima che ha avuto una notevole risonanza, perlomeno negli ambienti di destra e che, a Trento, ha causato, come vedremo, un mezzo pandemonio: Marconi è stato un militante di Terza Posizione e il suo libro è pieno di riferimenti a quel mondo.
Voi direte: vabbè, anche tantissimi reduci dell’extraparlamentarismo di sinistra e financo degli ex terroristi hanno scritto libri che strizzano l’occhio a quegli anni, che sarà mai? Invece fa, eccome. Fatto sta che qualcuno pensò bene di organizzare una presentazione di “Io non scordo” a Trento e, con scelta indubbiamente un po’ provocatoria, venne indicata la facoltà di sociologia come sede dell’incontro.
Apriti cielo! Profanare così un tempio della sinistra parve a molti un autentico sacrilegio: l’idea che, nelle stanze in cui erano risuonati gli imperdibili apoftegmi di Curcio e degli altri mastri pensatori d’antan, potesse giungere la voce di un ex militante di TP suonava, alle orecchie dei compagni atesini, più o meno come un rutto in cattedrale.
Così, dato che, a differenza di Kennedy e Kruscev, tra destra e sinistra trentine nessuno ha pensato di creare una “linea rossa” e non ci si parla, si arrivò ben presto al muro contro muro. I destri non indietreggiarono di un passo e i sinistri promisero battaglia. Io arrivai a Trento bel bello, in qualità di spalla di Marconi nella presentazione, e trovai la città in assetto da guerra. Dalle finestre dell’università pendevano lenzuola con pittoreschi slogan, densi di minacciose promesse.
Per la strada, una legione di poliziotti in assetto antisommossa presidiava l’isolato della presentazione e, al di là del muro blu della polizia, s’intravvedevano o, meglio, s’intuivano, orde di comunisti infuriati, con fumogeni, cori, tamburi e tutto il solito armamentario da manifestazione.
Finita la presentazione, uscimmo dall’edificio: eravamo una trentina di persone, forse quaranta, tra relatori, organizzatori e pubblico. Tra noi e l’esercito nemico c’era solo la diga degli agenti: mancava solo una colonna sonora all’altezza. Ad un tratto, per un attimo, non so bene perché, la falange di poliziotti si scompaginò un pochino, lasciando vedere cosa c’era dall’altra parte.
Quattordici giovanotti schiamazzanti, dall’aria macilenta, ancorchè indubbiamente burbanzosa. Quattordici! Tutto quel casino, la polizia, i fumogeni, le strade chiuse, per quattordici fessi male in arnese, che volevano impedire un tranquillo ed autorizzatissimo evento pubblico.
Marconi e io, vecchie volpi, ci guardammo con un sorriso sardonico: evidentemente, i tempi del “venti contro uno”, perlomeno a Trento, erano tramontati! Ci avvicinammo ai poliziotti e dicemmo a quello che sembrava il loro capo: lasciateli pure a noi. Ma non ce ne fu bisogno: scoperti nella loro fragilità e bisognosi di ulteriori riflessioni, i compagni si erano già eclissati. E non se ne fece nulla.
Fine della storiella.
Tutto questo per dire che non si deve mai aver paura. E men che meno dei fantasmi.
Quanto al sindaco Ianeselli, lo giudicherete dai fatti, non da come saluta.
Marco Cimmino