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Editoriali

Douce France e la decisione della Cassazione transalpina

La sentenza della Cassazione transalpina non ha tanto motivazioni politiche quanto giuridiche

Ho letto da un suo tweet che Berizzi è contrariato dal rifiuto opposto dalla Corte Costituzionale francese all’estradizione in Italia di dieci ex terroristi rossi, mentre Tassinari se ne rallegra.
È naturale: non appartengono allo stesso mondo, anche se possono avere qualche riferimento in comune. C’è un abisso generazionale e, non me ne voglia nessuno, sia dal punto di vista esperenziale che da quello concettuale c’è un abisso, l’umanità essendosi avvitata per poi cadere a precipizio da ogni punto di vista: etico, intellettuale, sensoriale, estetico e perfino di conoscenze. Mancano la curiosità, la volontà di comprendere, il coraggio di verificare; oggi è meglio pontificare sbavando. Siamo finiti in un continuo tifo di hooligans ottusi, aggrappati a odio cieco e paralizzati da slogan preconcetti.
Non è più il tempo dei combattenti i quali, invece, hanno sovente la tendenza a rispettarsi vicendevolmente anche se, o forse soprattutto se, prima si erano combattuti senza esclusione di colpi.

La stessa divergenza la troviamo da quest’altra parte della barricata
Barricata? Diciamo piuttosto in quest’altro ghetto sociale, in cui quei miei coetanei che si sono battuti e hanno pagato di persona mai hanno gioito per le estradizioni altrui e non sono oggi scandalizzati dal rifiuto francese. Viceversa quelli che la lotta la conoscono solo come astrazione sono furiosi, li vorrebbero in catene. Un tempo si lottava per qualcosa, oggi no. A sinistra come a destra è una sequela di imposizioni e proibizioni per paralizzare e annientare qualcun altro. Va da sé che nella storia qualsiasi rivoluzione comporta anche divieti e obblighi, ma accanto a volontà creatrici o profondamente riformatrici. L’aspetto poliziesco dei regimi è un effetto immancabile ma non può essere quello che viene sognato. Incomprensibile oggi, quando perfino gli zeccobruni, affetti da putinite, sono diventati fans di Stalin, il più feroce, retrogrado, gretto e reazionario tiranno comunista insieme, forse, a Mao-tse-tung. Non sognano più Ettore Muti, Ernst von Salomon, Otto Skorzeny o Che Guevara. Il loro idolo non è il guerrigliero ma il boia.

Vendicativi ultimi uomini nicciani
Autonominati vendicatori di cause e persone che non conoscono e di cui non capiscono nulla, essi sfogano la propria acida repressione, il loro disagio esistenziale in una vendetta senza rischi, in una vendetta delegata. Che si chiamino Berizzi o che si pretendano militanti di destra, il modo di ragionare è il medesimo.
Sembrano le tricoteuses sotto le ghigliottine della Rivoluzione Francese, ma senza il loro coraggio perché hanno orrore della vista del sangue: che scorra pure ma senza sconvolgere i loro sensi!
Rapiti da stato di folla, ovvero resi canaglia, non indagano, non si fanno domande, non interessa loro altro che ululare e individuare ovunque un nemico di cui è la colpa di tutto.
I fascisti per gli antifa. Nel caso specifico, i francesi per i sovranisti.
Perché sostengono che ci avrebbero presi a schiaffi con la loro Dottrina Mitterrand, anti-italiana.
Ma non hanno mai verificato. E sì che basterebbe chiedere a chi, tra noi, ha avuto a che fare con richieste di estradizione e con estradizioni vere e proprie.

La lista di paesi che hanno rifiutato le estradizioni in Italia è lunga
e non è solo il caso francese, ci sono anche Spagna, Svezia, Svizzera, Inghilterra, Austria, e non hanno negato estradizioni solo dei militanti rossi, anche di noi. Ma perché? Semplicemente perché l’Italia, dopo avere favorito il terrorismo, alimentato le tensioni, indotto la lotta armata, all’improvviso decise di voltar pagina e inserì una serie di misure speciali, per così dire di emergenza, molto spregiudicate: dall’impunità incoraggiata alla falciatrice.
Intervenne l’aumento automatico di un terzo della pena a chiunque fosse condannato per terrorismo, che – ne sono esempio lampante – per essere applicato non necessitava di alcuna partecipazione, neppure morale,  a reati di sangue, ma poteva essere estesa alla valutazione delle idee o all’utilizzo di documenti contraffatti durante la latitanza. Questa discriminazione non venne accettata da quasi nessuna Magistratura europea. D’altronde in Europa non era ammissibile nemmeno la carcerazione preventiva di quattro anni, che era in vigore qui da noi. Un’aberrazione cui ci costrinse a fare a meno in seguito la tanto deprecata UE.
Per non parlare del pentitismo. Bastava che qualsiasi gaglioffo, per ottenere enormi e scandalosi sconti di pena, accusasse un altro di qualcosa affinché questi venisse condannato senza che fosse necessario che le accuse di cui era oggetto venissero provate. Il caso di Enzo Tortora dimostrò clamorosamente la perversione di questa misura giuridica italiana.
La Corte Costituzionale francese, che piaccia o meno, non ha operato una scelta politica ma giuridica, lo ha fatto con coerenza e in piena sovranità.

La Dottrina Mitterrand ebbe un ruolo?
Certamente. Ma non c’era in Inghilterra, in Spagna, in Austria, in Svizzera, in Svezia. Fu soprattutto la perversione giuridica italiana a venir rigettata da magistrature indipendenti e non politicamente asservite.
In quanto alla Dottrina Mitterrand, va chiarito che essa ebbe il merito di mettere fine quasi del tutto ad azioni terroristiche provenienti da un santuario transalpino istituito sotto Pompidou e attivo sotto Giscard d’Estaing, ma già lungamente incubato sotto De Gaulle.
Come ormai avviene praticamente su tutto, anche su questo si straparla senza sapere su che si stia concionando.

Quei dieci rimarranno impuniti…
Bisogna essere protestanti o veterotestamentari per pretendere che una pena venga applicata quarant’anni più tardi ed è un’aberrazione dei nostri giorni l’abolizione della prescrizione del reato, che nel nostro Codice, ormai stravolto, era di trent’anni al massimo. Ma poi, visto come si svolgevano i processi politici, siamo proprio sicuri che i dieci fossero tutti colpevoli? Basti rileggersi le sentenze per le stragi o quella di scioglimento di Ordine Nuovo, o anche la stessa requisitoria contro Terza Posizione, per capire che le sentenze politiche non sono equanimi e necessariamente provate. Peraltro tra gli estradandi in questione ce n’era uno condannato per complicità morale che siccome non significa nulla di preciso (non è il concorso a un reato) non può essere dimostrata.
Un tipico pastroccchio all’italiana. Alla fine del processo di estradizione dei nostri dall’Inghilterra, il giudice  si rivolse all’avvocato dell’accusa e lo redarguì sdegnosamente: “non ci si presenta con questi argomenti davanti a una Corte di Sua Maestà Britannica!” e negò le estradizioni.

Se proprio siamo per la fine pena mai
dovremmo essere comunque obiettivi. Le istituzioni che hanno processato i terroristi, sono innocenti? In che misura sono state invece coinvolte? Parlo, ovviamente, dei servizi che vediamo invischiati nelle relazioni con le Brigate Rosse. Quelli italiani, entrambi (militare e civile) e poi altri tutti assieme appassionatamente e a braccetto con i nostri (israeliani, inglesi, francesi, russi, tedeschi, cechi) Parlo delle forze politiche che hanno giocato sul terrorismo in tutti i modi possibili per perseguire vantaggio. Parlo di quegli uomini in divisa che contro il terrorismo hanno operato più per acquisire maggior potere che non per sgominarlo. Parlo di tutti quelli che si sono rifatti la verginità, tipo il partito comunista che con il Teorema Calogero passava la spugna su almeno sette anni di sue responsabilità. Parlo di artisti e intellettuali, tipo quelli del Gruppo 63, personalità che, come Umberto Eco, firmarono un manifesto di sostegno alla lotta armata. Gente che lanciò il sasso e ritirò la mano e che oggi è angelizzata. Parlo dei giornalisti che sostennero e consolidarono la logica “uccidere un fascista non è reato”. Parlo dei consiglieri democratici del Comune di Milano che applaudirono alla notizia della morte del giovanissimo Sergio Ramelli, assassinato dagli antifascisti, deceduto dopo quarantasette giorni di agonia.
Parlo, infine, di più di un collegio giudicante (in particolare di Magistratura Democratica) che non ha esitato a utilizzare le sentenze per scrivere la storia secondo un copione anziché perseguire la verità, collezionando così sdegno internazionale nella propria stessa categoria.

Non c’è giustizia
Non vedo come le carcerazioni di un’attempata Petrella o di un anziano Pietrostefani potrebbero rendere giustizia quando è ancora in vita gente responsabile moralmente – e non solo moralmente – che si trovava nelle istituzioni e in qualche caso ancora vi è. Non posso fare nomi senza essere denunciato e condannato perché ci si è sempre attrezzati per non procedere legalmente contro personalità politiche che testimonianze precise e inconfutabili hanno visto implicate attivamente e decisamente in delitti di terrorismo e mafia. Si tratta di gente che l’ha sempre fatta franca e oggi si sarebbe trovata nel novero delle autorità che fanno giustizia, traendo in catene vecchi ex terroristi, sicuramente molto meno colpevoli di loro.
Ecco, per quanto mi riguarda, la giustizia la troverei nell’incriminazione di questi eccellenti intoccabili, ancora vivi e anche, per il trionfo della verità, di quelli intanto deceduti. Perché sono questi che mi fanno schifo, non quelli che ci spararono addosso, che affrontammo e a cui tenemmo gagliardamente testa. E che, a differenza di quegli altri, hanno comunque affrontato la vita successiva con pesi notevoli, spesso sono stati uccisi,  hanno passato decenni in galera o, dopo diverse peripezie, moriranno esuli.