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Pensieri in Libertà

Eterno ritorno: ma non vinceranno mai

L’altro giorno, parlando del “fascismo degli altri”e mettendolo in contrasto con il nostro Ri-Cordo, affermavo: “Se poi si riesce a cogliere la continuità inconsapevole, palpabile solo se si ha maturato quanto necessario, si possono intravedere i contributi rigenerativi che dall’archetipo continuano a pervenire alle prospettive future, in Europa e non solo.”
Ve ne fornisco un esempio.

Respiriamo!
Per capirlo si devono dapprima liberare la mente e allegerire l’animo, bisogna prendere le distanze dall’ansia esistenziale che proviene da ogni ombelico che si crede al centro del mondo. Non si devono dare i numeri solo perché le cose non vanno come vogliamo, né prendere noi stessi come la misura dell’universo. Siamo transeunti e ci troviamo, come tutti e come sempre, alle prese con forze diverse che hanno aspirazioni sacrali e fisiche molto diverse.
So bene che non abbiamo la fortuna di vivere in un’epoca tragica, creatrice e poetica per le quali proviamo una nostalgia cosmica, ma la storia del mondo è sempre andata così.
C’è una tendenza livellatrice, mediocrizzante, una macina, un desiderio di tarpare le ali.
Ciò è stato quasi sempre in passato. Nessuno ha riscontrato più difficoltà esistenziali dei guerrieri in pace. Basti pensare a quello che diceva la Scuola di Mistica Fascista sull’opposizione essenziale tra l’Uomo e la Società.
Oggi è peggio che in passato? Forse, e dico forse. Ma nulla si crea e nulla si distrugge e basta stare sul pezzo.

Attraversa i millenni
Non sto parlando di fare testimonianza, essa non dipende da noi ma dai nostri atti: non si sta mai in piedi tra le rovine se non si cavalca la tigre, non si fermano le dinamiche sovversive, ci s’interviene rivoluzionandole. Eppure perfino nelle testimonianze, purché discrete, silenti, sentite, s’interviene nelle armonie del mondo. Chi è andato nel modo giusto sulle tombe dimenticate o nei luoghi delle grandi battaglie, chi ha sentito parlare le pietre, chi ha fatto incontri inimmaginabili e simbolici, sa di cosa parlo. Nel rendere sobrio omaggio ci si è sempre ricaricati noi, strumenti del passaggio del testimone. Un passaggio del testimone che non ha noi come destinatari ma come veicoli impersonali che s’illudono, scioccamente, di personalizzarsi.
È un eterno ritorno del principio, che attraversa i millenni e non ha nulla da temere da nessuno,
I tempi non dipendono da noi che dobbiamo occuparci solo di come viviamo il nostro, senza flettere, nemmeno per ipotetici guadagni politici immediati. Senza fare alcuna morale, questa è pura e semplice stupidità che, come abbiamo visto ripetutamente, ci fuorvia e ci avvia nelle pattumiere altrui (antieuropee, antifasciste, denazificatrici ecc), puntualmente incattiviti perché in fin dei conti, quando facciamo così, sappiamo nel nostro foro interiore di commettere un peccato contro natura.

Altamura
E veniamo all’esempio di cui vi parlavo all’inizio. In una gita familiare ci siamo trovati, domenica scorsa, ad Altamura, città federiciana. Era in atto la festa a Federico Imperatore, una festa in costume cui partecipava l’intera città. Non si è trattato di una cerimonia folcloristica, bastava osservare gli sguardi delle persone che vi partecipavano. Lo faccio sempre: negli sguardi si riscontra l’anima, il carattere, la presenza a sé, la presenza del metafisico. Per la prima volta da tanto tempo ho visto gioventù vigorosa, convinta, viva, gente con cui si può andare in trincea. E tutti portavano i simboli! Un insieme totalizzante, come negli Anni Trenta.
Si noti che parliamo di Federico II, uno degli uomini più importanti nella storia per i principii regali, imperiali, universali, per il mutamento nella rettitudine. Uno degli uomini che si è cercato di cancellare dalla storia, che il papa dell’epoca osò addirittura scomunicare in risposta al suo successo nell’impresa di liberazione del Santo Sepolcro.
Augusto a parte, tutti gli uomini così hanno subito questa damnatio memoriae, da Nerone al Cancelliere del Reich, passando per Napoleone.
La Società, quando non è comunità organica, ha orrore e spavento di ciò che innalza, di ciò che smaschera la mediocrità. Si chiama, da sempre, Cancel Culture.

Ancora qui
Eppure nulla si crea, nulla si distrugge.
Il ricordo resta nell’aria, nell’acqua, nei cromosomi, nel dna e riaffiora rigenerando.
Federico è ancora qui, 773 anni dopo la sua morte.
Curioso che la sua festa sia stata celebrata per puro caso (l’ho verificato alla Pro Loco) nella data in cui l’ultimo degli imperatori ghibellini si diede la morte, settantotto anni fa.
Anch’Egli a 56 anni, numero che come l’8 è centrale per Castel del Monte da cui venne ispirato il castello dell’Ordine di Wewelsburg. E anche l’8 ritorna.
È un Eterno Ritorno, al quale anche noi si contribuisce con animo sereno, senza speranza o disperazione, ma con la fede.
Chi non l’ha è perduto. E risparmiatemi la cantilena di tutto quello che va male e di come gli altri (voi no?) sono scadenti. Le difficoltà non piegano gli animi forti, chi le invoca sempre sta solo giustificando la sua resa. Affar suo, non del respiro del mondo, e neppur mio.
Io sto con Fede-rico!