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Calcio. Arrigo Sacchi: “Scandalo scommesse? Siamo un Paese abituato ad esser furbo, ma furbizia genera disonestà”

Proseguendo, Arrigo Sacchi si è soffermato a parlare della sua carriera, affermando: "Non ho mai guardato i piedi di un calciatore, io guardavo la testa. Vincevamo con merito. Per me una vittoria senza merito non era una vittoria.

Arrigo Sacchi è intervenuto ai microfoni di Rai Radio2 nel corso del format “I Lunatici”, condotto da Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio, in diretta dal lunedì al venerdì notte dalle 23 alle 3 per parlare della sua carriera e, più in generale, del calcio italiano.

L’ex tecnico del Milan e della Nazionale ha esordito dichiarando: “La Nazionale? Si era messa in una situazione drammatica. Mancini se ne era andato, Spalletti aveva fatto pochi allenamenti. E in più il calcio italiano non ha mai avuto un sistema di gioco, siamo un popolo individualista, in tutti gli ambiti. E così ci danneggiamo. Il secondo posto ai mondiali nel 1994? Non fummo aiutati dalla politica, avrebbero dovuto fare di tutto per farci andare sulla costa ovest. Arrivammo alla finale senza poterci allenare negli ultimi tre giorni perché i massaggiatori e i medici ci avevano detto che non c’erano più i muscoli. Eravamo una grande squadra, abbiamo inchiodato per 120 minuti sullo zero a zero il Brasile e abbiamo perso solo ai rigori. Il calcioscommesse? Questo Paese non mi ha mai sorpreso nel negativo. E’ un Paese abituato ad esser furbo, ma la furbizia non è un valore, genera disonestà”. 

Proseguendo, Arrigo Sacchi si è soffermato a parlare della sua carriera, affermando: “Non ho mai guardato i piedi di un calciatore, io guardavo la testa. Vincevamo con merito. Per me una vittoria senza merito non era una vittoria. Costacurta pochi anni fa mi disse: ‘ci hanno copiato in tutto il mondo eccetto che in Italia’. E io gli ho risposto che è così perché in Italia siamo presuntuosi, individualisti e non facciamo squadra. Lavoravo nell’azienda di mio padre, sono partito dalla seconda categoria, poi la quarta serie, poi la C, la B, non sono stato mai esonerato, in 25 anni di carriera. Ma avevo una gastrite che mi si stava trasformando in ulcera. Ero così preso dal lavoro che non riuscivo a capire le cose che stavo facendo. Vivevo per il calcio, non volevo tradire le persone che avevano avuto fiducia in me. Mi fermai dopo una partita a Verona: vincemmo e non sentii assolutamente nulla. Non volevo essere il più ricco del cimitero.  Il sesso prima delle partite? Io cercavo di non fare figli e figliastri, le regole erano uguali per tutti. Mi fidavo dei calciatori, una volta un giocatore mi disse ‘gliel’ho fatta tre volte’, e io gli risposi ‘pensavo di più’. Al Milan c’era un giocatore che frequentava più la notte che il giorno, lo mandammo via”.