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Attualità Politica

Giorgia e i limiti dell’individualismo di destra

È una Meloni che ha rimpianto il fatto di aver aspettato il 4 gennaio per fare la conferenza di fine anno quella che si è presentata ieri a Roma perché fondamentalmente stanca di ritrovarsi di fronte a situazioni interne che nei fatti “goccia dopo goccia” la stanno logorando.

Non è disposta a fare questa vita, con la responsabilità che ha sulle spalle, “se le persone che sono intorno a me non capiscono quella responsabilità”.

Negli ultimi tempi, Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, ha dovuto affrontare una serie di vicende che hanno minato la sua immagine e quella del suo partito. Tra queste, lo scandalo derivante da alcune frasi pronunciate dal suo compagno, Andrea Giambruno, durante dei fuori onda, e lo sparo di capodanno con protagonista Pozzolo che l’ha vista coinvolta indirettamente.

In seguito alle frasi di Giambruno, Meloni aveva dichiarato di averlo lasciato, ma nonostante ciò, il compagno è stato visto ad Atreju, il raduno annuale di Fratelli d’Italia. Questo episodio ha sicuramente causato dei problemi alla leader del partito perché il comportamento di Giambruno è stato visto molto equivoco. A ciò si aggiunge la vicenda Trenitalia-Lollobrigida che non è certo stata piacevole e forse le domande scomode si sarebbero ridotte a questi due fatti, semmai corroborati anche da quelli riguardanti i suoi alleati, ma questa è un’altra storia.

Eppure gli accadimenti di Capodanno, che hanno visto coinvolto un suo onorevole in un gesto che dovrà essere confermato dalle autorità ma che non lascia molto spazio a interpretazioni, una goccia pesante nella pesante attività politica della Meloni che si è ritrovata nel giro di pochissimo tempo a diventare leader del principale partito in Italia, partito che sino a poco tempo prima aveva una percentuale di consensi neanche a doppia cifra.

Storia ben diversa da quella della Lega, spompata al suo interno per la perdita di identità ma che almeno nutriva una classe dirigente formata a suon di nebbia e Padania.

Cartina di tornasole di questa situazione imbarazzante sono gli accadimenti in corso in Trentino dove le liti tra diverse fazioni sono all’ordine del giorno, in un giogo delle parti davvero deleterio per l’immagine del partito.

Un gioco delle parti dove non ci si risparmia le bordate in stile “lite di condominio”.

Un gioco delle parti che non può far altro che piacere a Fugatti e a tutti coloro che potevano apparire preoccupati da un partito che sulla carta poteva scompaginare tutto.

Un gioco delle parti che a lungo andare può essere dannoso per l’intera maggioranza e, di conseguenza, per il sistema autonomistico Trentino. Il tutto però si è risolto nell’attribuire il titolo di Vicepresidente, ruolo ininfluente e che suona come vittoria di Pirro, e non sulle deleghe che sono il vero argomento su cui discutere e combattere e per mezzo delle quali si governa la nostra Autonomia.

Un gioco delle parti che dovrebbe essere immediatamente interrotto anche solo per quella deontologia che spesso a questa nuova classe politica manca.

Tralasciando il Trentino e le sue possibili evoluzioni, ad oggi troppo difficili da scoprire, resta l’amarezza nel vedere che il pragmatismo di Giorgia Meloni si fonda su basi deboli, su persone su cui lei stessa non ha molta fiducia, certificando che la strategia del “cerchio magico” ha fallito o quantomeno ha dimostrato di essere obsoleta.

Eppure vi era tutto il tempo che serviva per scegliere chi assurgere alle alte cariche dello Stato, di anni ne sono trascorsi all’opposizione dove, avvedutamente, si sarebbe potuta costruire una classe dirigente capace e non ristretta alla cerchia degli intimi.

Ma questo è forse il grande limite di chi non pensa e progetta in senso comunitario ma consuma il proprio tempo nello studio di strategie e posizionamenti.

Si rischia di non riuscire a guardare lontano e di circondarsi di yes-man spesso ambiziosi ma poco utili per governare in questa nostra democrazia imperfetta.

Raimondo Frau