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Cultura

L’opinione: Invidia, Felicità e Bellezza

«L’invidia è quel sentimento che nasce nell’istante in cui ci si assume la consapevolezza di essere dei falliti», scriveva Oscar Wilde; Totò, il principe Antonio de Curtis, invece la definiva in questo modo: «L’invidia è come un veleno che corrode l’anima» o ancora «L’invidia è il sale dell’impotenza», citando Franco Califano. Ma tanti altri modi ci sono per definire «l’invidia». L’invidia colpisce coloro che non possono o non sanno avere la felicità. L’invidia è la pulsione ad essere come un altro ad avere ciò che l’altro ha. È una proiezione sull’altro con cui ci si identifica perdendo del tutto la dimensione di sé. L’invidioso vive uno sdoppiamento, perché desidera essere come l’altro.

Ed ecco entrare in gioco la “felicità”. Purtroppo, viviamo nell’epoca dei like e dei follower, per cui il nostro valore – per molti – dipende non da ciò che siamo, ma da come e quanto siamo graditi. La felicità è un piacere che si lega anche ad un altro mito: “la bellezza”, che aumenta la felicità perché aumenta i like ed i follower. L’invidioso, vivendo quel suo sdoppiamento, invidia la felicità dell’altro. L’altro, il simbolo della felicità. Il problema è che nella nostra attuale società la felicità andrebbe sostituita con la gioia. Questo perché la felicità riguarda l’io, il ricevere qualcosa che gratifica se stessi. Mentre la gioia è collegiale e comporta sia l’atto del ricevere sia il dare. La gioia non può scatenare quell’invidia tremenda che suscita invece la felicità. E l’invidia può far commettere all’invidioso atti gravi, anche l‘assassinio, l’omicidio (che sia fisico o sociale) perché egli, l’invidioso, è sdoppiato, si identifica nell’altro e perde sé stesso.

In questa duplicità avverte la tendenza a vivere come la persona invidiata altrimenti non riesce a vivere. Se si sente lontano, si sente morto e depresso, quindi deve cercare di raggiungere la felicità agognata. Ma quando si accorge che è irraggiungibile, matura un odio sfrenato e vuole eliminare la persona invidiata.

L’odio, la rabbia crescono a un punto tale da sfociare anche nella violenza omicidiaria. Un omicidio che può essere fisici o anche sociale. Ecco uscire alla luce la personalità dell’invidioso che non si sente affermata (come l’altro), non si sente protagonista della sua vita (come l’altro) e finisce per distruggere chi ai suoi occhi lo è. Uccide socialmente o fisicamente per invidia.

Chissà perché mi viene alla mente la personalità di un magistrato inquirente di Lucca che da anni si “occupa” di me. Con l’assassinio, con l’omicidio (fisico o sociale) l’invidioso si libera finalmente di quel senso di sdoppiamento che prova. Assassinio o omicidio sociale perché oggi la morte fisica è banale. La rabbia dell’invidioso va espressa diversamente, in una violenza più subdola e in base al “potere” che l’invidioso può avere nella funzione che esercita nella società.

Questo è il pericolo dell’invidia quando investe e prende possesso di persone di “potere”.

Marco Affatigato

Riguardo l'autore

Marco Affatigato

nato il 14 luglio 1956, è uno scrittore e filosofo laureato in Filosofia - Scienze Umane e Esoteriche presso l'Università Marsilio Ficino. È membro di Reporter Sans Frontières, un'organizzazione internazionale che difende la libertà di stampa.

Nel 1980 la rivista «l’Uomo Qualunque» ha pubblicato suoi interventi come articolista. Negli ultimi anni, ha collaborato regolarmente con la rivista online «Storia Verità» (www.storiaverita.org) dal 2020 al 2023.