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Cultura

Rapper e trapper. I nuovi bardi urban, icone metropolitane, eccentrici, antagonisti, squatter, ribelli…mah.

Noi ricordiamo un capofila nostrano, quel Fred Buscaglione da Biella – Torino (1921/1960), roco come chi è appena uscito da una locandaccia piena di fumo, e che in tale contesto trovò la fine: un incidente all’alba, dopo una notte di dolce vita romana, sulla sua Ford Thunderbird rosa.

Il genere, almeno in Italia, sonnecchiò fino a che apparve Pino D’Angiò, campano molto stimato per esempio da Mogol, che nel 1981, con “Ma quale idea”, sfondò anche all’estero.

Premesso questo piccolo circuito italiano, la palla torna in mano agli americani, che prendono qualche DJ di quelli più quotati e, grazie alle nuove sonorità elettroniche sempre più sofisticate, rilanciano la partita, dividendo sostanzialmente il campo in due: il settore “arrabbiato “ stile Public Enemy, che lascia sempre balenare il rancore razziale contro i bianchi, contrapposto agli allegri Sugar Hill Gang, e quello più pacioso tipo Vanilla Ice, bianchiccio infatti.

In Italia si ricordano di avere esperienza al riguardo, ed esce il dinoccolato e bleso Jovanotti, che vira subito sull’impegno globalista peace and love, per non apparire troppo disturbante.

A questo punto, di là dall’oceano, non hanno perso tempo. Il ramo “black” si divide: da un lato mostra sempre più teppistico ( un nome per tutti, il lubrico Snoop Dogg) e i video si snodano tra rincorse di cattivi cop con gli occhi azzurri contro il povero monello nero in bicicletta  – tra i nomi illustri Lil Wayne, citato anche dal presidente Obama, e 50 Cent, già onusto di gloria come spacciatore, con tracce di coltellate da rissa sulla schiena e muscoli in scoppio. Ma nascono anche i finti rapper da strada come J-Zed, borghesuolo marito di Beyoncé ( e dunque si entra nel femminile), la bonazza che aveva iniziato con toni da dura, nel trio Destiny Child, creato insieme alla cuginetta Kelly Rowlands, poi mollata per strada, in antagonismo con le più aggressive e contaminate musicalmente, come la esplosiva androgina Missy Elliott.

Il ramo caucasico ondeggia tra lo zuccheroso/erotico Justin Timberlake e il “trasgressivo” Eminem, che ci inonda di lamentele sulla sua povera vita da trash white, con la mamma birichina e compagne fedifraghe, culminate nel successo di botteghino “8 Mile”.

Molto brava era la cantante (e attrice)  hipster Aaliyah, anche lei scomparsa in misteriose circostanze, incidente aereo bislacco, nel 2001: secondo i soliti complottisti, fu a seguito di un piano ordito appunto da Behoncé ( sexy, ma in lotta con la bilancia), gelosa della filiforme rivale che stava sbaragliano le concorrenti.

Non si può evitare il richiamo alla lotta tra gangsta east e west coast, che secondo alcuni condusse alla morte violenta di Tupac Shakur nel 1996 e Notorius B.I. G. nel 1997, solo i più noti tra le vittime di una faida che, per molti, sarebbe solo un’invenzione mediatica.

La disamina a volo d’uccello su un new style che ha dominato la scena e ancora incombe, ci porta dritti alle star di casa nostra, che ormai non si contano, soprattutto in area milanese: perché Roma, diciamolo, a parte il Piotta, Flaminio Maphia e qualche altro arrabbiato de noantri, ben poco ha espresso, a differenza del convulso capoluogo lombardo, che con le sue periferie cariche di adrenalina ha sputato ( o valorizzato se venivano da fuori) performer in quantità, dai Gemelli Diversi ( già supporter di Eros Ramazzotti) , ai Sottotono, dai Club Dogo, a Fibra, Marracash, fino a…Fedez.

Il ragazzotto Federico Leonardo Lucia, di origini calabresi/lucane, classe 1989, tatuato anche nello stomaco, dopo aver addolcito il rude animo di un altro divo del ramo, J- Ax ( fratello di un Gemello Diverso) tirandolo nei tormentoni meno R&B, diventa l’ideologo del secondo decennio millennial, sposa la strafiga influencer oggi in disgrazia, e si arriva ai divetti odierni, di gonne vestiti , tirati per la giacchetta rosa dallo star system quando si lasciano andare a un nanosecondo di quella protesta da strada che li aveva resi interessanti al popolo; e ai demenziali versi di Sfera o Bello Figo, che col loro balordo appeal ricacciano la donna nell’angolo da dove essa stenta sempre più a uscire.

Carmen Gueye