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L’opinione: il lavoretto non crea ricchezza e neanche dignità. Fa sopravvivere spinge ai margini della propria professione e della società.

La produzione dell’Italia non aumenta, come neanche l’occupazione. Togliere dalla disoccupazione con i «lavoretti» cela una realtà crudele: sostituisce il lavoro e quindi ciascun lavoratore produce di meno e gli impedisce di condurre una vita normale programmando il futuro (e meno che mai a un’intera famiglia).

Ma il motivo di fondo di questa situazione non è certamente la «cattiveria» dei datori di lavoro. Essa deve essere divisa tra più soggetti e sta diffondendo nella società una «cattiveria generalizzata» in cui siamo tutti «schiavi» di un nuovo modo di produzione che ha orizzonti sempre più corti e sempre più veloci.

Un tempo, e non solo nel periodo dell’IRI che viene oggi richiamato ad esempio virtuoso, si costruivano acciaierie, impianti industriali, impianti chimici, opere pubbliche nell’ipotesi che durassero per tempi lunghi se non per sempre. Poi c’è stato l’attacco giudiziario al «polo chimico» nel ‘92-’94, che chi governava all’epoca non ha difeso; poi contestualmente l’attacco giudiziario ai «partiti», sempre nel ‘92-’94, congelando le infrastrutture e la sanità; infine, sempre utilizzando lo strumento ‘’giudiziario-politico’’, nel ‘97 al 2004 con strascichi fino al 2020, l’attacco alle acciaierie, all’industria metalmeccanica e all’export degli armamenti, ed anche qui’ nessun governo ha posto argini difensivi. Tutto questo ha portato a non avere «fiducia industriale» nel nostro Paese.

Poi a quanto sopra bisogna aggiungere che nell’Era informatica l’innovazione si brucia in pochi anni: basti pensare all’iPhone che ha divorato il cellulare tradizionale, ai nuovi sistemi di vendita per via informatica che insidiano non solo i piccoli negozi – che spesso, radicati sul territorio, hanno sorprendenti capacità di resistenza – ma anche i grandi centri commerciali e i supermercati, l’attività bancaria e assicurativa che richiedono sempre meno addetti.

In questo malessere generale spicca la posizione dell’Italia, il paese avanzato che detiene il poco invidiabile record della più lunga «crescita zero» dal dopoguerra in poi (di fatto la nostra economia non cresce più da circa un quarto di secolo) arrivando così al paradosso di un PIL immobile a fronte di un’occupazione che falsamente cresce.

Questa FALSA CRESCITA, infatti, è dovuta soprattutto a lavoretti, a lavori non molto buoni e non molto sicuri temporalmente (durata) e che oggi possono nascondersi statisticamente anche dietro la formula della «assunzione a tempo indeterminato». La perdita di gran parte delle garanzie legali alla conservazione del posto di lavoro non può di fatto essere ristabilita con un ritorno al passato, ossia con nuove garanzie legali, in un mondo dell’imprenditoria che, indipendentemente da ciò che farà l’Italia con il governo attuale, ha scelto di andare avanti abbandonando alcune certezze di quando il lavoro era, per sua stessa natura, più stabile e più sicuro e l’istruzione ricevuta da giovani era sufficiente a garantire un lavoro efficiente per tutta la vita. Questo grazie alla innovazione che, come scrivo sopra, si brucia rapidamente.

Oggi chi non si «aggiorna telematicamente» continuamente viene rapidamente spinto ai margini della propria professione (ammesso che ne abbia una) ed è costretto a costruirsene un’altra. Ma non solo! Oggi chi non si «aggiorna telematicamente» (leggasi ‘’identità digitale’’) o non riesce ad aggiornarsi, anche per motivo di età fisica o per motivo economico, viene spinto ai margini della società.

Occorre quindi DISEGNARE UN NUOVO SISTEMA SOCIALE che contempli Il diritto ad essere accompagnati nella ricerca di un nuovo posto di lavoro e che il lavoratore possa acquisire «nuove conoscenze» senza essere penalizzato nel reddito o con la perdita del lavoro.

Purtroppo di questo non si parla e fino ad ora chi governava era convinto che tutto potesse risolversi con pochi provvedimenti preparati in fretta. Ma purtroppo i «mali economici» creati in tempi lunghi hanno bisogno di tempi lunghi per essere curati ed io spero che coloro che governano oggi comincino la cura per creare ricchezza e dignità.

Marco Affatigato

Riguardo l'autore

Marco Affatigato

nato il 14 luglio 1956, è uno scrittore e filosofo laureato in Filosofia - Scienze Umane e Esoteriche presso l'Università Marsilio Ficino. È membro di Reporter Sans Frontières, un'organizzazione internazionale che difende la libertà di stampa.

Nel 1980 la rivista «l’Uomo Qualunque» ha pubblicato suoi interventi come articolista. Negli ultimi anni, ha collaborato regolarmente con la rivista online «Storia Verità» (www.storiaverita.org) dal 2020 al 2023.