Il mito di Stepan Bandera ma non solo; correnti che restano filonazionalsocialiste e altre che si sono evolute in senso democratico: breve viaggio alle radici del nazionalismo ucraino, il cui sviluppo è legato alla reazione al dominio russo-sovietico.
Da quando è cominciato molto si è dibattuto in Occidente sulle radici del conflitto Ucraina-Russia. Tra gli altri, un tema di polemica particolarmente accanita è stato quello della natura del nazionalismo ucraino, delle sue componenti, della sua compatibilità con la cultura liberaldemocratica, dell’influenza o meno, in esso, di formazioni radicali dichiaratamente nazionalsocialiste.
Il movimento nazionalista ucraino ha certamente caratteristiche estremamente peculiari che lo separano dai suoi omologhi occidentali. Nonostante la sua natura variegata, il fenomeno è stato monopolizzato da alcune correnti, in primis quella facente capo a Stepan Bandera, controversa figura che è stata, in anni recenti, riabilitata ed elevata al rango di eroe nazionale. Questo è inspiegabile senza conoscere le radici del nazionalismo ucraino e la sua peculiare evoluzione, divisa fra influenze occidentali e il suo sviluppo in relazione al dominio russo-sovietico.
Nella tradizione politica e culturale russa la visione dell’Ucraina è sempre stata quella di una “piccola Russia” per le affinità sociali, politiche e linguistiche, e la tendenza non cambiò con l’avvento del sistema sovietico. Il nazionalismo ucraino si sviluppò dunque in aperta contrapposizione a questa visione, e fu immediatamente oggetto di persecuzione da parte del potere sovietico, una volta stabilizzatosi nell’area.
Secondo una tesi di Robert Conquest, avallata da un più recente lavoro di Anne Applebaum, la repressione contro i kulaki e la collettivizzazione forzata che causarono l’Holodomor, la terribile carestia-genocidio del 1932-1933, ebbero come fondamento primario proprio la lotta al nazionalismo ucraino, ritenuta prioritaria da Stalin. Il nazionalismo nacque negli anni Venti nelle regioni occidentali dell’Ucraina (in particolare la Galizia e la Volinia) e fu il principale oppositore del potere sovietico, mentre nella parte orientale la tradizionale affinità con i russi contribuì alla stabilità della regione, nonostante la tragica esperienza della collettivizzazione stalinista.
Questo nazionalismo radicale ucraino così temuto da Stalin risenti molto dell’influenza ideologica di Dmytro Dontsov, divulgatore di un pensiero nazionalista integrale, anticomunista ma anche antidemocratico e antiliberale, con una non troppo celata simpatia per il nazionalsocialismo e i fascismi europei (Italia, Portogallo, Spagna, Romania e Ungheria).
Intanto, nelle regioni occidentali si erano cominciati a formare dei gruppi giovanili di nazionalisti, i quali si unirono ai veterani della guerra sovietico-ucraina dando vita all’Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (OUN). All’interno dell’OUN si formarono i futuri leader del nazionalismo ucraino, Stepan Bandera, Yaroslav Stetsko e Mykola Lebed. L’OUN compì negli anni molti atti di terrorismo indirizzati ai comunisti ucraini, alle autorità polacche e persino ai partiti moderati, ma fu anche coinvolta in azioni violente contro le popolazioni ebraiche e soprattutto polacche dell’Ucraina occidentale. Grazie ai rapporti stretti con la Germania nazionalsocialista, nel 1935 l’OUN organizzò due brigate armate, per un totale di duemila uomini, dal nome di Nachtigall e Roland, che seguirono l’armata tedesca nell’invasione dell’Ucraina, vedendo nella collaborazione con i tedeschi un’occasione per rivendicare le proprie terre dagli oppressori comunisti.
Mentre le armate tedesche penetravano in Ucraina nel 1941, Bandera e Lebed si trovavano in una prigione di Varsavia, per il loro ruolo nell’assassinio di un ministro polacco. Secondo un resoconto dei servizi segreti americani, Bandera si rese conto della grande occasione che le circostanze gli avevano fornito e si recò immediatamente a Lviv per dichiarare l’indipendenza della nazione ucraina, ma venne arrestato dai tedeschi che avevano intenzioni ben diverse. Bandera fu deportato in Germania, e non tornò mai più nella madrepatria.
Alla fine del conflitto mondiale, tre milioni di rifugiati ucraini si dispersero per tutta l’Europa occidentale, compreso buona parte dei leader del movimento nazionalista. Di conseguenza, nacque in Europa una consistente comunità di esuli politici, che successivamente si espanse negli Stati Uniti e in Canada. Questa comunità venne però presto afflitta da divisioni e conflitti interni. In particolare, la figura di Bandera era estremamente polarizzante e divisiva. Egli fondò una sua fazione e diffuse un programma per il futuro dell’Ucraina basato sull’autoritarismo e sull’ipotesi di un governo monopartitico. Questa politica, che aveva le sue radici ideologiche nel nazionalismo antidemocratico di Dontsov, non era condivisa dal resto degli emigrati né dalla resistenza nella madrepatria, che combatté fino all’inizio degli anni Cinquanta una sanguinosa guerra partigiana contro il governo sovietico.
Nonostante ciò, Bandera mantenne un folto gruppo di seguaci sia all’estero che in patria. Fazioni dell’OUN opposte alla sua, invece, intrapresero una revisione in senso democratico e pluralista della loro ideologia, motivata anche dalla necessità di ottenere l’appoggio (e il finanziamento) delle democrazie occidentali. L’assassinio di Bandera da parte del KGB nel 1959, però, contribuì a farlo diventare un martire e l’emblema del nazionalismo ucraino militante.
All’indomani dell’indipendenza dall’URSS, il nazionalismo riapparve in Ucraina nelle sue connotazioni più estreme che fecero propria l’eredità ideologica di Dontsov e di Bandera, contrapponendosi sia ai post-comunisti che ai nazional-democratici che avevano guidato il processo di indipendenza. L’OUN riemerse ma non riuscì a radicarsi nella mutata realtà ucraina post-sovietica, nonostante il prestigio storico che poteva vantare. Il mito di Bandera, però, non morì così facilmente. L’ex Presidente Viktor Yuschenko nel gennaio del 2010 gli attribuì la decorazione postuma di “Eroe dell’Ucraina”, una mossa criticata a livello nazionale e internazionale e presto revocata dal successivo Presidente, il filo-russo Yanukovic. Nonostante ciò, l’atto di Yuschenko legittimò istituzionalmente il culto di Bandera, identificato come un eroe della lotta antisovietica, sebbene nei fatti egli non abbia mai combattuto al fianco della resistenza ucraina.
Durante l’Euromajdan abbondavano le bandiere nero-rosse dell’OUN. La riabilitazione delle figure, delle organizzazioni e degli slogan del nazionalismo ucraino del periodo della Seconda Guerra Mondiale, depurate degli aspetti più compromettenti di collaborazione diretta con il Terzo Reich e delle persecuzioni ai danni di polacchi ed ebrei, divenne sempre più accettata anche ai massimi livelli della politica.
Nel dicembre 2018, il Parlamento Ucraino propose una mozione per conferire nuovamente la decorazione a Bandera, proposta però rigettata. Nonostante ciò, statue, monumenti, e strade dedicate a Bandera abbondano in Ucraina occidentale. In una manifestazione di massa del gennaio 2020 a Kiev, il volto di Bandera campeggiava su bandiere e striscioni. Bandera non ha ancora ricevuto ufficialmente il titolo di “eroe dell’Ucraina”, ma ne è stato insignito, da Zelensky in persona, Denis Prokopenko, comandante del battaglione Azov, il cui stemma è il Wolfsangel, il simbolo runico usato dalle SS.
Marco Affatigato