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Eurozona

Le ragioni profonde della scristianizzazione dell’Europa

Partiamo da lontano. Quando, nei primi anni 2000, si discusse sulla Costituzione europea – che grazie al cielo è stata abortita – il problema che venne sollevato fu il riconoscimento delle radici cristiane. Problema che venne risolto nel senso di non dover riconoscere la profonda incidenza della cultura cristiana sulla civiltà europea. La ragione di questo netto rifiuto era ed è chiara: il riconoscimento delle radici cristiane avrebbe implicato la negazione del progetto di segmentazione multietnica e di demolizione delle identità dei popoli europei; processo, questo, strettamente connesso all’idea di una società neoliberista priva di coesione sociale, così come immaginata nel progetto europeista ordoliberale.

Le ragioni per le quali non vennero riconosciute le radici cristiane diventano di colpo abbastanza chiare. In una prospettiva di multiculturalizzazionedella società europea, le radici cristiane, e pertanto il riconoscimento di una forte connotazione identitaria che si richiamasse ai principi evangelici della società europea, avrebbero tradito l’idea di annientamento delle identità nazionali e reso vano il progetto di neoliberalizzazione della società occidentale. Soprattutto avrebbero comportato – qualora fossero state riconosciute – un argine all’erosione dei processi democratici tutt’ora in atto.

Se questo è vero, l’obiettivo di rendere la società europea frammentaria, composita e articolata su base etnica appare contemporaneamente strumento formidabile e obiettivo primario di vitale importante perché si possa anche solo ammettere che il processo di multiculturalizzazione non debba andare avanti sul presupposto che quanto viene “importato” dall’esterno non sempre sia in accordo con le tradizioni di libertà e democrazia occidentale, tanto da rendere legittimo il principio di libertà compatibile. E ciò perché sono proprio queste tradizioni il target oggetto di demolizione neoliberista, che può compiersi solo attraverso il processo di multiculturalizzazione, il cui scopo ultimo – ribadisco – è rendere la civiltà europea sufficientemente “malleabile” alle sensibilità ordoliberista di matrice tedesca.

In altre parole, per sottomettere i popoli europei al neonazionalismo tedesco (architettura politica attraverso la quale viene a manifestarsi la dominazione delle élite finanziarie) non bastano sempliciter le regole economiche e fiscali, ma è necessario che l’alterazione genetica della cultura occidentale – le cui radici cristiane sono incontestabili – passi attraverso un processo di delegittimazione delle identità dei popoli europei e di scardinamento dell’idea stessa che la cristianità non solo sia stata il fondamento della cultura occidentale, ma addirittura un valore positivo insopprimibile per l’Occidente.

In questo contesto esiste indubbiamente una identità perfetta tra chi vorrebbe multiculturalizzare l’Europa, sulla fallacità noborders, e chi vorrebbe scristianizzarla. Il problema, nei fatti, è togliere di mezzo la cristianità, o comunque ridurla ai minimi termini, affinché non sia più influente (culturalmente, economicamente e politicamente) nei processi decisionali assunti ai diversi livelli di potere. E per fare ciò, è necessario da una parte delegittimare il cristianesimo e dall’altra valorizzare l’ateismo, il laicismo, favorendo altresì la costruzione di una società massificata, multietnica e multiculturale, definita attraverso compartimenti stagni ghettizzati.

Con l’immigrazione di massa, il malthusianesimo è indubbiamente uno degli strumenti più importanti per garantire il successo dell’operazione che molti definirebbero ispirato a Kalergi. La decrescita demografica occidentale da una parte (incoraggiata attraverso la cultura dell’aborto, il consumismo individualista, la demolizione dei diritti sociali e la negazione antropologica della famiglia naturale) e l’immigrazione di massa dall’altra (resa, agli occhi dell’opinione pubblica, non solo positiva bensì pure auspicabile) hanno lo scopo (ultimo) di creare un brodo etnico che non permetta la cementificazione identitaria, basata su una cultura comune, radici comuni e una storia comune. Il tutto – come si può intuire – a vantaggio delle élite e di un disegno egemonico di sottomissione dell’intero continente a un unico progetto politico neonazionalista. 

Combattere tutto questo è nostro dovere. Ma per farlo è necessario respingere fermamente (e pertanto, senza alcun compromesso) le istanze globaliste e neoliberiste, onde riscoprire il valore della dimensione nazionale e il valore inestinguibile delle radici cristiane. Diversamente, seguendo la sirena euroglobalista, la vittoria (definitiva) neoliberista e neonazionalista non sarà più una questione di “se”, ma di “quando”.