Home » Il Don Giovanni secondo Giuseppe Sabbatini: “Imperativo assoluto è rispettare la volontà del compositore”
Cultura EVENTI

Il Don Giovanni secondo Giuseppe Sabbatini: “Imperativo assoluto è rispettare la volontà del compositore”

A poche ore dalla prima de “Don Giovanni, ossia il dissoluto punito”, opera con la quale avrà̀ culmine il festival Progetto Opera 2021, abbiamo avuto il piacere di intervistare Giuseppe Sabbatini, direttore d’orchestra e responsabile musicale dello spettacolo.

A poche ore dalla prima de “Don Giovanni, ossia il dissoluto punito”, opera con la quale avrà̀ culmine il festival Progetto Opera 2021, abbiamo avuto il piacere di intervistare Giuseppe Sabbatini, direttore d’orchestra e responsabile musicale dello spettacolo.

Giuseppe Sabbatini, nato a Roma l’11 maggio 1957, ha iniziato la sua lunga e produttiva carriera da bambino facendo parte del coro di voce bianche di Santa Maria in Via a Roma, dedicandosi poi allo studio del contrabbasso. Distintosi fin da subito per le proprie capacità è arrivato, alla giovane età̀ di 24 anni, a ricoprire il ruolo di primo contrabbasso all’Arena di Verona.

Dedicatosi poi al canto, la sua carriera di tenore l’ha portato ad esibirsi su alcuni dei più̀ importanti palcoscenici del mondo. La Scala di Milano, il Metropolitan di New York, la Suntory Hall di Tokyo, l’Opera Bastille di Parigi, il Covent Garden di Londra e la Staatsoper di Vienna che , nel 2003, lo ha insignito dell’onorificenza di Kammersaenger per meriti artistici, sono solo alcuni dei prestigiosi contesti in cui si è esibito.

Non solo, nel corso della sua lunga carriera Giuseppe Sabbatini ha potuto lavorare con diversi nomi celebri della lirica internazionale venendo diretto da maestri come Bonynge, Chailly, Chung, Davis, De Burgos, Levine, Muti, Plasson (solo per citarne alcuni). Ricevendo allo stesso tempo numerosi riconoscimenti tra cui, il Premio Jussi Björling nel 1987, il Premio Caruso e il Premio Lauri Volpi nel 1990, il Premio Abbiati nel 1991 e il Premio Tito Schipa nel 1996.

Il maestro si è dedicato anche alla realizzazione di dvd di alcune opere, tra cui si ricordano “Robert Devereux” nel 1997, “La Traviata” nel 2001 e “La Damnation de Faust” nel 1999.

Oggi, Giuseppe Sabbatini è qui per raccontarsi e raccontarci l’esperienza di aver lavorato al “Don Giovanni, ossia il dissoluto punito” dell’Associazione Culturale Euritmus.

I: Buongiorno Maestro, essendo stato prima che direttore d’orchestra, anche un grande contrabbassista (oltre che tenore), trova che le sue esperienze pregresse come musicista l’abbiano aiutata nella sua carriera direttoriale? L’essere stato prima un contrabbassista l’ha facilitata nel comprendere le esigenze dei musicisti che ha diretto?

G.S: “Devo dire che è stata una facilitazione relativa, tutte le esperienze di vita aiutano a creare livello professionale. Io sono cresciuto con una preparazione musicale molto seria, dagli 8 ai 13 anni ho frequentato il coro delle voci bianche di Santa Maria in Via a Roma, poi sono passato al rock, per arrivare allo studio del contrabbasso al Conservatorio di S.Cecilia. Tutto ha contribuito a formare il professionista che sono anche se, il mio sogno sin da bambino era quello di diventare direttore d’orchestra. Infatti, inizialmente ho iniziato a studiare canto, come scorciatoia, per diventare direttore. Anche quando ero già̀ famoso come tenore ho sempre continuato la mia preparazione, studiando composizione dapprima con il maestro Armando Renzi e successivamente nel 1999 con Luciano Pelosi, il quale, visti i miei numerosi impegni e l’impossibilità di seguire le lezioni fisicamente con una frequenza costante, aveva accettato di farmi lezioni on-line, io durante le pause dagli spettacoli facevo gli esercizi e glieli inviavo telematicamente, così non si perdeva tempo. I sacrifici e la costante concentrazione sull’obiettivo mi hanno dato forza lungo tutta la mia carriera. Si può̀ dire che tutte le mie esperienze di vita abbiano contribuito a farmi diventare il professionista che sono oggi”.

I: Possiamo dire quindi, senza paura di scadere in banali cliché́, che la musica abbia ricoperto un ruolo centrale in tutti i diversi aspetti della sua vita?

G.S: “Assolutamente. Io mi ritengo un privilegiato per aver avuto tutto dalla musica: soddisfazioni professionali, fama, amore… La mia vita si è intrecciata in maniera indissolubile con la musica. Ho avuto tre figli da due donne diverse, entrambe conosciute sul palcoscenico. Il primo figlio l’ho avuto con il soprano Daniela Dessì, mentre mia moglie Monica, la donna della mia vita, da cui ho avuto gli altri due miei figli, l’ho conosciuta nel 1997 durante una produzione di Traviata in Scala, io Alfredo, lei ballerina/mima. La musica è stata tutto per me, è stata la costante a cui sono girati intorno tutti gli avvenimenti importanti della mia vita”.

 I: Parlando invece del delicato periodo che la nostra società̀ sta attraversando, con il settore della Cultura e dello spettacolo che è stato uno dei comparti maggiormente colpiti dalla pandemia di Covid. Lei che difficoltà ha riscontrato nel tornare a lavorare dopo più̀ di un anno di pausa forzata?

G.S: “La sensazione è stata quella di una grande macchina inceppata. Nonostante alcune attività̀ ritenute essenziali per la sopravvivenza economica del paese siano rimaste aperte, il comparto culturale è stato bloccato per un anno e mezzo. In tutto questo tempo il mio pensiero non è andato a chi, come me, più̀ famoso e privilegiato ha dovuto fare i conti solo con l’assenza dal palcoscenico avendo comunque altre fonti di guadagno, ma a chi con il proprio lavoro ci manteneva mensilmente la famiglia. Un esempio su tutti sono coloro che con la loro professionalità̀ ci hanno sempre permesso di andare in scena, che da un giorno all’altro si sono ritrovati fermi ed in difficoltà, i giovani artisti alle loro prime esperienze e tante altre categorie del nostro straordinario mondo della Musica. Sicuramente si poteva fare di più̀ per tutto il settore. Parlando invece delle difficoltà pratiche che abbiamo riscontrato nella messa in scena del Don Giovanni di Euritmus, l’impossibilità di usare la buca per l’orchestra del Teatro Zandonai a causa delle norme di distanziamento sociale è stata sicuramente la più̀ pesante. Nel Don Giovanni, come in tutta la musica per orchestra, le parti dei fiati sono reali e vanno suonate tutte, mi spiego, la grandiosità̀ dell’opera passa attraverso l’utilizzo di tutti gli strumenti originalmente previsti, altrimenti si parla di riduzione dell’orchestrazione. Lo spazio rimasto, quindi, può̀ penalizzare, il numero degli archi che però, noi, siamo riusciti a mantenere abbastanza equilibrato! Inoltre, l’aver dovuto spostare l’orchestra al livello della in platea, ha contribuito a crearci diverse difficoltà, risolte con la partecipazione di tutti. Per fortuna il nostro regista Nicola Ulivieri, data la sua esperienza di grande cantante internazionale, ha saputo fare un grande lavoro, insieme allo scenografo Matteo Capobianco, per interpretare al meglio l’opera. Ma non voglio darvi anticipazioni ulteriori (ridendo).”

I: “Entrando nello specifico del Don Giovanni, opera nel quale anche lei in passato si è cimentato come cantante interpretando il Don Ottavio. Trova che il doversi confrontare con un “mostro sacro” come Mozart sia complicato? La sacralità̀ di un’opera come il Don Giovanni ha un peso reale in una sua messa in scena, o il fatto che è stata già̀ largamente rappresentata aiuta?

G.S: “In passato, come tenore, ho avuto il piacere di interpretare Don Ottavio anche se uno dei miei sogni è sempre stato quello di interpretare Don Giovanni (insieme al ruolo del fantasma ne “Il Fantasma dell’Opera”). Tornando alla domanda, sicuramente l’avere punti di riferimento è un vantaggio. In passato la musica non era così “a disposizione” come oggi, dove per esempio su YouTube si possono facilmente reperire video di diverse interpretazioni dello stesso ruolo. Una volta era molto più̀ difficile e, se una persona voleva studiare a fondo un personaggio, doveva acquistare tutti i dischi delle diverse versioni. Oggi la musica è molto più̀ “alla portata di tutti”, basti pensare che oggi si trovano le musiche anche solo delle singole parti orchestrali, fatto che semplifica il lavoro di tanti artisti e studenti. Se adesso un musicista non arriva preparato è solamente per sua negligenza, dato che al giorno d’oggi vi sono molti più̀ strumenti che gli permettono di approfondire concetti musicali anche complessi. Allo stesso tempo però, se da un lato è importante ed interessante conoscere le cose, non bisogna dimenticare che è necessario trovare la propria dimensione”.

I: Riallacciandomi al suo discorso, com’era il Giuseppe Sabbatini tenore?

G.S: “Io da cantante ho cercato, all’inizio, di non ascoltare altri interpreti dei ruoli che dovevo rappresentare per poter approfondire il mio studio a 360 gradi attraverso la ricerca di tutto ciò̀ che poteva interessare il mio personaggio e l’opera in studio: letteratura, poesia, pittura, scultura, politica, religione, stereotipi del tempo, per non essere troppo influenzato, cercando, da musicista, di capire il perché́ di determinate scelte del compositore e tentare di rendergli giustizia e servirlo al meglio. Solo successivamente ho analizzato le altre interessantissime versioni. Da direttore d’orchestra l’imperativo categorico è lo stesso: rispettare al massimo la volontà̀ del compositore. Considerando il fatto che non amo le produzioni dove si distorcono le cose, mi rendo conto che, in certe circostanze, la musica debba unirsi alla parte attoriale di un’opera per rendere al meglio.”

I: “Un’ultima domanda Maestro, come si è trovato a collaborare con una realtà come l’Associazione Culturale Euritmus? Essendo Lei coinvolto da diversi anni nella didattica e nell’insegnamento, ha apprezzato la scelta dell’associazione di voler avvicinare la lirica ai più̀ giovani anche includendoli all’interno del gruppo della produzione?

G.S: “Euritmus è una realtà con grandi idee. Ho apprezzato la volontà̀ di far conoscere la musica lirica ad una grande platea di persone, cosa che ritengo molto importante. Non solo, ho trovato molto bello l’aver coinvolto i più̀ giovani non solo sul palcoscenico ma anche nei ruoli meno visibili di un’opera come quelli degli assistenti ai costumi o dei truccatori. A mio avviso sarà̀ molto importante per i ragazzi aver visto come lavorano i professionisti, vivendo sia i momenti più̀ leggeri che quelli di duro lavoro. Perché́ anche agli artisti importanti piace scherzare, ma quando c’è da lavorare si lavora ed è importante arrivare alle prove sempre già preparati. Per questi giovani è stato importante anche confrontarsi con un palcoscenico come il Teatro Zandonai, così ricco di storia e cultura. Sarà sicuramente un’esperienza formativa importante che permetterà̀ loro, nati nella società̀ odierna, di toccare con mano cose che, pur essendo del passato, sono ancora così attuali. Penso alla visione distorta della donna che ha il Don Giovanni, che tutti dobbiamo partecipare a combattere in questo periodo storico infestato da continui soprusi e violenze contro di loro, alla severità̀ o al dolore di certi passaggi, alla tragicità̀ della vita, come alla leggerezza di certi momenti di serenità̀, felicità e amore, tutti concetti che poi ritroveranno nella società̀ moderna. Cose elementari che però possono aiutare a comprendere, a creare cultura e quel bagaglio emozionale che potrà̀ giovargli per tutta la vita. Ho apprezzato molto la scelta di Euritmus di permettere questo tipo di esperienza a ragazzi così giovani.”