Gli auguri di buon compleanno non si negano a nessuno e bene ha fatto, Francesco Storace, nel porgere il proprio augurio a Gianfranco Fini. Magari si sarebbe potuto risparmiare quell’invocazione rivolta come se, Fini, fosse un santino da rivolgere la preghierina del mattino: magari, tornasse!
Impressione di chi scrive che abbia sbagliato la declinazione del verbo, usando il singolare, conoscendo il soggetto ben più attinente sarebbe stato l’uso del plurale: tornassimo.
Per l’amore del Cielo, liberissimi di farlo! Ma stavolta abbiate la compiacenza di lasciarci stare, noi militanti intendo, ci avete già ingannati fin troppo.
A Francesco Storace, pur tuttavia, riconosco la sua coerenza con i suoi entro, esco, rompo; rientro, riesco, rirompo. Una girandola da fare impallidire pure la pallina del tavolo verde di un casinò, tra nuovi partiti ed alleanze nate e distrutte nel giro di un amen, tra personaggi dapprima esaltati per poi vilipendere con la stessa velocità olimpica di Marcel Jacobs.
Chiedere ad Adriana Poli Bortone, per esempio, oppure alla stessa Giorgia Meloni e… perché no? Pure a Gianni Alemanno. Questo Penelope de noantri in attesa del suo Ulisse, tra una tela e l’altra, è stato capace di suicidare i proci attorno. Che non eravamo proci, ma militanti creduloni per i quali bastava dare in pasto quattro parole sparate al microfono, valori/appartenenza/Patria/tradizioni et voilà: il giochino era fatto. Quel “maiale, sei un maiale!” rivolto a Gianfranco Fini, nel pensarci oggi, fu un buon tornaconto.
Due lustri dopo ne invoca il ritorno. Chapeau! Alla non coerenza, intendo.
@gianfranco_fini: Voglio ricordare che l’Msi era sì e no al il 3% io portai AN al 16%. Per questo non accetto che mi si dica che ho distrutto la destra.
Questo che avete appena letto è un cinguettio di Fini di qualche anno fa, su Twitter, 6 per l’esattezza. Twitter è il noto social capace di mettere alla prova di grammatica i cibernauti costringendoli, in soli 164 caratteri, ad esprimere un’opinione di senso compiuto. A qualcuno riesce e pure bene ma per altri, ahimè, il risultato è un post incomprensibile. Oppure una cazzata, come nel caso di Gianfranco Fini.
Al di là di un’espressione non propriamente figlia di Dante -che mi si dica che- è roba da terza elementare e per lo più con un verbo al presente indicativo, da 2 sottolineato di blu.
Riflettendo, il problema, è di natura ben diversa di un post sgrammaticato, evidentemente lo ex leader conta sul fatto che a destra abbiamo poca memoria e che oramai, da ingenui qual siamo, lasciamo correre come se nulla fosse.
Non tutti, Gianfranco Fini, diversamente sono sempre un missino che scrive MSI usando la maiuscola e tenendo pure una memoria di ferro. Se nel sacco dei tuoi soprusi tengo ancora il nome di Beppe Niccolai, cacciato dal partito accampando una ragione assurda, quest’ultima boutade la ritengo un affronto alla storia missina ed a Giorgio Almirante stesso. Difenditi come meglio credi, Gianfranco Fini, ne è tuo diritto ma lascia stare il il MSI. Lascia stare la nostra storia, per favore.
Non starò qui a ricordare le tue malefatte, me ne guarderò bene di citare AN così come la creasti (fu tutto merito tuo?) altrettanto la distruggesti, in nome di un disegno ai noi militanti oscuro. Fuori dai denti, Gianfranco, non l’ho con te per il “tradimento” al cavaliere, m’importa assai direbbero dalle mie parti; non l’ho con te per il Muro del Pianto per il quale, sinceramente, apprezzai il gesto esclamando pure un: finalmente! Non l’ho nemmeno con te per la frase del “male assoluto“, poiché ambedue conosciamo la storia e spero che tu almeno distingua, il ventennio, tra Farinacci e Giovanni Gentile.
Magari avresti potuto precisare, ma tant’è… L’ho con te, e pure tanto, per aver condotto i militanti al liberismo disperdendo il valore sociale che fu la nostra essenza. Ti rivelo un piccolo segreto, questo: mio padre fu il primo segretario del MSI a Pisa, portava un cognome diverso dal mio ma la cosa non è importante, per comprare i mobili per la Federazione (allora si chiamavano così, ricordi? Non ci vergognavamo dell’appartenenza allora e neppure oggi, almeno noi militanti) firmò un pacco di cambiali ad un certo Serra, un mobiliere pisano di quel tempo. Le onorò tutte, da persona seria quale fu, da buon missino ligio al dovere. Teoricamente, quella mobilia, è stata venduta tramite aziende off shore 60 anni dopo.
So benissimo la cosa non ti riguardi e chiedo venia per me, uomo comune e militante, però è dura a comprendere ancora oggi l’affaire della casa di Montecarlo. Lo ritengo un tradimento a mio Padre ed a tutti quelli come lui. Comprendimi, sono una persona di destra sociale, un missino, una persona seria.
Al proposito, il MSI era al 6%, e non al 3, nelle ultime elezioni (regionali) dell’era Almirante. La prossima volta lascia stare il MSI e la sua storia gloriosa, racchiusa nel cuore di tutti noi.
Adesso, cari Gianfranco e Francesco, fate pure quel che vi pare è nel vostro diritto, ma vi chiedo di lasciarci in pace. Noi militanti abbiamo già fin troppo dato, per voi. Preferiamo restare degli orfani politici, grazie a voi.
Riposa in pace, Giorgio Almirante.
Marco Vannucci