Era il 12 novembre del 1946 quando “un bivacco” di volonterosi si riunì a Roma per fondare il Movimento Italiano di Unità Sociale. Erano i vinti della seconda guerra mondiale, gli additati, i perseguitati da quella che fu la macelleria rossa edulcorata col nome di guerra civile. Quel drappello di personaggi furono la barricata italiana contro chi avrebbe voluto allineare il suolo patrio all’Unione Sovietica e, in subordine, il Friuli al loro amato compagno Tito. Ci provarono, eccome se si! Già la regalia della nave scuola “Cristoforo Colombo” della Marina Militare Italiana agli stalinisti, un veliero fotocopia del celebre Amerigo Vespucci, fu il primo atto di un disegno sinistro teso a rafforzare il rapporto tra i due Stati.
Il “regalo” di quell’autentico gioiello del mare, varato il 4 aprile del 1928 tre anni prima della Vespucci, fu redatto dall’allora Ministro della Difesa Luigi Gasparotto del Partito Democratico del Lavoro, dietro la ferma volontà di tale Palmiro Togliatti da Genova, Ministro della Grazia ai rei compagni criminali e dell’ingiustizia verso tutti gli altri. Porzus docet.
In verità il veliero Cristoforo Colombo, non fu regalato ma ceduto, all’Unione Sovietica, al prezzo di 1 rublo; l’equivalente di 50 centesimi odierni. I rubli, tanti, affluirono in seguito nelle casse del PCI per oltre 40 anni. Il Movimento Italiano di Unità Sociale ebbe il riconoscimento legale il 26 dicembre del 1946, nello studio romano di Renato Michelini, in Viale Regina Elena, si ritrovarono Giorgio Almirante, Arturo Michelini (figlio di Renato), Pino Romualdi, Pino Rauti, Biagio Pace, Giacinto Trevisonno, Raffaele Di Lauro, Alfonso Mario Cassiano, Giovanni Tonelli e Carlo Guidoboni.
La prima Sede fu in Corso Vittorio Emanuele, a Roma, in un appartamento ceduto in affitto gratuito da un simpatizzante. Sul l’acronimo M.S.I, la sinistra italiana, si sbizzarrì in ogni fantasia pur di estromettere dalla legalità il nuovo partito. Dal Mussolini Sei Immortale, al Mussolini Sempre Insieme, accusando di avere inserito, come logo, la Fiamma della tomba del Duce a Predappio. Falsità storiche facilmente contestabili: se MSI avesse voluto significare Mussolini Sei Immortale non avrebbe avuto senso la scelta di chiamarlo MO.SI.IT, nome mutato all’ultimo minuto nelle scale dello Studio Michelini in MSI poiché l’altro, MO.SI.IT, ritenuto troppo lungo (oggi diremmo una scelta di marketing oriented); per quanto riguarda la Fiamma, relativa alla tomba del Duce, Mussolini fu sepolto a Predappio soltanto 11 anni dopo, nel 1957, grazie all’intervento dell’allora Presidente del Consiglio Adone Zoli.
Fu contestata anche la base, ovvero il trapezio sotto ed il carattere tipografico della scrittura, poiché ambedue ricordavano il ventennio. Sciocchezze, sentenziò Pino Romualdi, pure i Fori Imperiali ricordano il ventennio come pure la quasi totalità delle stazioni ferroviarie del Belpaese, le autostrade, città intere come Latina, Sabaudia… ed i Boldrini ante litteram tacquero.
Nacque così il MSI ma non fu soltanto la trincea dei vinti, s’impose per serietà, per correttezza, per la limpidezza dei Valori. L’anno successivo, il MSI, fu determinante per l’elezione a sindaco di Roma del democristiano Salvatore Rebecchini ed entrando, nel Consiglio comunale di Roma, con ben 3 esponenti. Alle elezioni del 14 aprile del 1948 , il M.S.I., ottenne un lusinghiero 2%, alla Camera, ed un meno onorevole 0,4% al Senato, portando in Parlamento sei deputati: Giorgio Almirante, Giovanni Roberti, Arturo Michelini, Roberto Mieville, Guido Russo Perez e Luigi Filosa; ed un senatore, Enea Franza.
Nel primo giorno d’ingresso in Parlamento, Giorgio Almirante, invitò i suoi a sedersi nell’ala sinistra della Camera, ma tale scelta fu contestata da Palmiro Togliatti costringendo, di fatto, nel fare traslocare i missini nell’ala destra del Parlamento poiché “non voleva i fascisti accanto”. Evidentemente non erano più, per lui, “gli amici fascisti” invocati nel suo Manifesto per la salvezza dell’Italia del 1936 (Noi comunisti facciamo nostro il programma fascista del 1919, che è un programma di pace, di libertà, di difesa degli interessi dei lavoratori; camicie nere ed ex combattenti e volontari d’Africa, vi chiediamo di lottare uniti per la realizzazione di questo programma. Noi proclamiamo che siamo disposti a combattere assieme a voi, fascisti della vecchia guardia e giovani fascisti, per la realizzazione del programma fascista del 1919, e per ogni rivendicazione che esprima un interesse immediato, particolare o generale dei lavoratori e del popolo italiano).
Non è un mistero come, Palmiro Togliatti, sia stato un ammiratore di Mussolini; più volte aveva ribadito come il discorso del Duce del 1919, in Piazza San Sepolcro a Milano, avrebbe voluto fosse il suo. L’ingresso del MSI nel Parlamento italiano fu una conquista ma andò di pari passo con anni difficili e con scelte non sempre felici. Dopo i fatti di Genova il MSI, reo di avere svolto il suo VI congresso in quella città e “colpevole” dei disordini effettuati dai compagni, fu estromesso dall’arco Costituzionale ed isolato dalla scena politica per la ferrea volontà di un PCI minaccioso di “mettere l’Italia a ferro e a fuoco” non fosse passato il suo emendamento. I comunisti, nella loro mozione, s’appellarono al non disconoscimento del MSI con il fascismo ed al rifiuto di abbracciare l’antifascismo militante.
Fu Craxi col suo primo Governo, nel 1986, a restituire la dignità politica al Movimento Sociale Italiano mettendo fine alla crudeltà politica nei confronti del partito Giorgio Almirante. Il MSI terminò il suo percorso il 27 gennaio 1995 alle 16,30, al congresso di Fiuggi, convergendo in Alleanza Nazionale voluta da Gianfranco Fini. Quel giorno fu spenta la Fiamma Tricolore, ripudiata al punto da finire in mano ad una coppia di cialtroni furbastri, Saja e Cannizzaro, i quali registrarono il logo prendendone possesso legale. Fu l’ultima onta contro Giorgio Almirante ed il bivacco di uomini in trincea per difendere i vinti.
Finì così il MSI, ed insieme la CISNAL il sindacato di riferimento, quel MSI che ebbe a baluardi per la libertà personaggi come Teodoro Bontempo e Beppe Niccolai, insieme ai Ragazzi mai più tornati a casa per difendere i Valori della Fiamma per la Patria: Sergio Ramelli, Ugo Venterini, Paolo di Nella, Stefano e Virgilio Mattei, Stefano Recchioni, Enrico Pedenovi, Carlo Falvella e tanti, troppi altri. Nessuno di loro meritava quella Fiamma si spegnesse, soprattutto non così, in nome e per conto di un potere agli antipodi dei Valori che furono. Il MSI spense la Fiamma ma non la memoria dei Militanti, questa arderà sempre finché il nostro cuore batterà nel petto.
Scrivere del MSI e non ricordare il mio Maestro ripugnerei me stesso, ripropongo quel che scrissi qualche anno fa: il cielo di Beppe Niccolai.
Beppe del sogno impossibile… così ti ricordo, onorevole Beppe Niccolai, missino di sinistra considerato eretico dai caproni di Roma.
Nel cassetto della memoria flash di titoli de “il Machiavelli”, il giornale da te voluto per spedire «le birbe alla berlina»: Mancini è un ladro titolasti in prima pagina, tra una querela e l’altra, Mancini era un ladro ed avesti ragione.
I comunisti all’Elba: avanti, si mangia! Infatti, s’ingoiarono l’isola, oggi mercato di trame intrecciate e di soldi lavati.
Beppe della commissione antimafia seguendo l’esempio e l’onestà del Prefetto Mori, forse fu da lì iniziasti a dare fastidio, troppe concussioni per un italiano come te e ne parlasti, mentre altri già si passavano i pizzini per farti fuori dalla scena politica. E così fu.
Ci pensò Gianfranco Fini, rinnegando pure Marcello Veneziani, troppo fascisti e troppo di sinistra, al Movimento Sociale Italiano andava bene un Saccucci pistolero poiché la vera storia non entrasse dentro le teste invasate. E quella volta pure Almirante sbagliò, seguendo il volere del delfino rampante.
E scendesti, come Veneziani smise di scrivere su “il Secolo d’Italia” tu uscisti dall’amato Movimento Sociale Italiano. Senza polemiche, com’era nel tuo costume, solo una volta sibilasti le ultime parole del Duce: dovesse, il fascismo, finire andremmo nel PSI di Pietro Nenni.
Eri ricco di cultura, ma la cultura storica non poteva andar bene a chi firmò il Patto Atlantico ed allora ti adeguasti ad una destra che ti rassomigliava, ma non poteva appartenere al movimento che fu di Filippo Corridoni.
Beppe dal sogno impossibile di ricucire lo strappo del 1914 e del 1921, Beppe ricordato a malincuore dai pseudo camerati quasi a mo’ di stizza, Beppe l’eretico che avrebbe voluto riunire il movimento sociale con la sinistra socialista, così come disse il Duce, e Beppe che fu un vero fascista mai pentito, obbedì ancor prima che in cuor suo nascesse la consapevolezza della ragione.
Ci manchi, Beppe, manchi a questa destra sociale litigiosa e disunita, manchi a questa destra imbelle dal volto liberale incapace di riconoscere i suoi figli migliori, facendo passare nel silenzio anche la tua ricorrenza.
Marco Vannucci