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Editoriali

Elly Schlein: parliamo dell’elefante per nascondere il programma

Elly Schlein ed i suoi guru della comunicazione hanno piazzato il trappolone. Ed una parte consistente del destracentro social ci è ampiamente cascato. La candidata alla segreteria del Pd si è presentata con una delle foto più brutte di cui disponeva e facendo filtrare un curriculum che non poteva non fare infuriare i patrioti che smanettano su Facebook, su Twitter o sulle altre piattaforme. Una candidata che non è neppure nata in Italia, che ha pure la cittadinanza svizzera e statunitense e che, di conseguenza, non offre la benché minima garanzia di tutelare gli interessi italiani.

Così, dedicandosi alla polemica personale, su aspetto fisico e ricchezza famigliare che la rende immensamente lontana da coloro che sostiene di voler difendere, gli avversari della Schlein hanno ignorato le proposte politiche dell’ex vicepresidente della Regione EmiliaRomagna. Ed era proprio quello l’obiettivo della comunicazione dell’aspirante leader del Pd. In questa fase è inutile remare controcorrente rispolverando tutti i temi che hanno portato alla disfatta elettorale.

Perché lei, la ricca Schlein, ripropone proprio i medesimi programmi della gauche caviar passata alla quinoa, quelli del sinistra radical chic di Capalbio ma in versione St. Moritz. La sinistra * e schwa. Perché per i milionari svizzeroamericani i problemi veri sono quelli dei cessi moltiplicati all’infinito per accontentare ogni diverso sentimento sessuale. Gli obiettivi non riguardano la giustizia sociale ma avere un Papa donna, possibilmente transgender, e africana.

Poi, naturalmente, la stessa sinistra africanista ignora completamente le stragi dei giorni scorsi in Congo, ignora i bambini africani massacrati, ignora il terrorismo che imperversa nel Sahel con le armi regalate a Zelensky e rivendute in Africa. La sinistra di Schlein è quella che ha beatificato Aboubakar Soumahoro che, d’altronde, rispetta perfettamente il cliché della sinistra Ztl quando rivendica il “diritto all’eleganza e il diritto alla moda”. E, indubbiamente, i braccianti li mandava nei campi con abiti eleganti e griffati.

La sinistra di Schlein è fuori dalla realtà, irrimediabilmente lontanissima dai problemi della gente normale alle prese con il diritto al cibo ed alla casa. Gente che si preoccupa di avere un lavoro con uno stipendio decente, non della targhetta apposta sopra la porta del cesso. Gente che spera di ricevere una lettera che comunichi la distribuzione di una gratifica natalizia e se ne frega se la lettera inizia con “Cari lavoratori” invece di “Car* lavorat*”.

Schlein ne è perfettamente cosciente. Per questo preferisce che si parli della sua foto o della sua ricca famiglia transnazionale. Per evitare di parlare dei programmi. “Parliamo dell’elefante“, era il titolo di un libro di Leo Longanesi. E servono tanti elefanti per nascondere il programma della futura segretaria della gauche quinoa italosvizzerastatunitense.