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Società

Crolla il pubblico televisivo. Ma la politica non rinuncia al canone ed ai talk show

Nella serie, lunghissima, dei furti di stato non può certo mancare il canone RAI. 90 euro scippati ogni anno ai sudditi, privi della possibilità di difendersi. 90 euro in cambio di cosa? 90 euro scippati perché?  In fondo il festival dell’Unità di Sanremo è servito a dimostrare che il re è nudo, anche se molti continuano a far finta di non accorgersene. E ci sono anche tanti esponenti della destra fluida di governo che proprio non se ne accorgono, ed è pure peggio.

Proprio i dati sanremesi hanno evidenziato la fuga non solo dalla RAI,  ma dalla TV in genere. Quando il compagno Amadeus ed i vertici RAI annunciavano tronfi che avevano raggiunto il 70% di share,  paradossalmente confessavano la propria sconfitta.  Perché quel 70% corrispondeva a poco più di 11 milioni di persone.  Di persone,  non di televisori collegati.  Ed eravamo al picco di ascolti. Nel giorno medio i teleutenti, di tutte le TV, sono poco più di 8 milioni su una popolazione di quasi 60 milioni.   Tra l’altro i telespettatori sono in costante e consistente calo. Più evidente considerando il solo prime time, dove gli ascolti sono scesi da 21,3 a 19,1 milioni, perdendo in un anno 2,2 milioni di ascolti.

Perché,  dunque,  tutti devono pagare per mantenere un servizio pubblico sempre più fazioso e sempre meno seguito?  Forse meno seguito anche perché più fazioso.

Ma, anche senza canone,  il problema dovrebbero porselo pure i gestori delle emittenti private.  E soprattutto coloro che si occupano della gestione dei budget pubblicitari.  Perché investire comunque cifre ingenti per raggiungere un pubblico che non c’è più?

Invece, per pigrizia mentale dei pubblicitari e di coloro che investono i denari aziendali (tanto i manager non spendono soldi propri),  si continua a privilegiare i media tradizionali. E chissenefrega se i risultati non ci sono.  Una bella intervista al padrone delle ferriere su un quotidiano cartaceo che nessuno leggerà, una fugace immagine dell’azienda in un programma televisivo seguito dal 2% dei telespettatori. Tutti felici e contenti.

Però è giusto che ciascuno,  con i propri soldi, faccia ciò che crede.

Diverso è il discorso dei soldi pubblici,  a partire da quelli del canone per proseguire con quelli investiti per promozioni di ogni tipo. La destra fluida di governo si indigna per lo squallido show di Sanremo ma, ovviamente,  si guarda bene dal proporre qualcosa di alternativo e che riesca a raggiungere un numero decente di telespettatori.  I programmi che riesce ad imporre sono,  immancabilmente,  dei flop.  Ma è molto più grave che non pensi minimamente ai  milioni di italiani che la TV non la seguono. Che la sera,  dopo una giornata di lavoro, preferiscono fare altro.  Magari semplicemente vedersi un film su una delle tante piattaforme, oppure litigare con la famiglia, giocare a calcetto  con i colleghi, uscire a cena con le amiche,  chattare con i morosi, informarsi sui giornali online,  persino leggere un libro.

Diverso è il discorso dei soldi pubblici,  a partire da quelli del canone per proseguire con quelli investiti per promozioni di ogni tipo. La destra fluida di governo si indigna per lo squallido show di Sanremo ma, ovviamente,  si guarda bene dal proporre qualcosa di alternativo e che riesca a raggiungere un numero decente di telespettatori.  I programmi che riesce ad imporre sono,  immancabilmente,  dei flop.  Ma è molto più grave che non pensi minimamente ai  milioni di italiani che la TV non la seguono. Che la sera,  dopo una giornata di lavoro, preferiscono fare altro.  Magari semplicemente vedersi un film su una delle tante piattaforme, oppure litigare con la famiglia, giocare a calcetto  con i colleghi, uscire a cena con le amiche,  chattare con i morosi, informarsi sui giornali online,  persino leggere un libro.

Milioni di persone che pagano inutilmente il canone e che non vengono raggiunte da una politica autoreferenziale. Quella politica che poi si stupisce per l’assenteismo alle elezioni.  Quella politica convinta che il rapporto con i sudditi debba essere basato su tasse,  balzelli, stangate,  fregature e qualche comparsata nei litigiosi talk show televisivi sempre meno seguiti.

Augusto Grandi