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Il Post-It: La guerra di Piero


«Un luogo comune è che i parlamentari godano di stipendi d’oro, qui ho il cedolino di luglio 2023, è uguale per tutti – ha spiegato Fassino -. Risulta che l’indennità lorda è di 10.435 euro, da cui giustamente vengono defalcati l’Irpef, l’assistenza sanitaria, la previdenza dei deputati che è di 1000 euro, le addizionali regionali e comunali. «Fatti questi giusti prelievi, l’indennità netta dei deputati è di 4718 euro al mese. Va bene? Sì. L’unica cosa che chiedo è che quando sento dire che i deputati godono di stipendi d’oro dico non è vero, perché 4718 euro al mese sono una buona indennità ma non sono uno stipendio d’oro».


Così parlò Piero Fassino, una specie di apoteosi del quarto capitolo “La guerra di Piero”. Già… La guerra di Piero, il libro di Laura Simeoni al quale s’ispirò Fabrizio de André per l’omonima canzone. Il libro tratta le vicende dei soldati italiani nella Grande Guerra, ambientato tra Piave e Montello, nell’area nevralgica per le sorti del conflitto. Il titolo piacque al grande Faber e lo fece suo, ma Fassino lo ha personalizzato, addirittura, in una saga. Il primo capitolo, datato 1991, narra del prode Piero alla segreteria del PDS, uno dei tanti nomi affibbiati dai reduci del PCI dal dopo l’azzeramento di Occhetto alla Bolognina voluto per arginare l’indignazione mondiale, a seguito della scoperta delle carte della loro Casa Madre; quel U.R.S.S. già paradiso terrestre per i compagni di vecchio stampo, come l’ex fascisti Ingrao e Napolitano, con tanto di un dio pagano di nome Joseph Stalin nominato “il piccolo padre”, ma rivelatosi un vero e proprio inferno sulla terra con un sottosuolo di 60 milioni di morti ammazzati rei dell’avversità al regime. Venuta a galla la grande bugia, ma anche finiti i rubli generosamente elargiti al PCI per decenni con buona pace della “questione morale” di Berlinguer, dopo un teatrino ecologico tra querce ed olivi (immaginare un comunista, o post comunista, con un ramoscello d’olivo sconcerta come una barzelletta inglese), il partito di riferimento dell’italica sinistra, nel tourbillon di nomi nuovi, statuti e segretari, nel 1991 uscì dal cilindro il nome di Piero Fassino alla segreteria nazionale.

La guerra di Piero! Titolò L’Unità a caratteri cubitali sperando, nel gioco di parole, di salvare baracca e burattini del ex PCI, nonché di arginare uno dei tanti fallimenti incombenti sull’amato quotidiano dal fu partito di Via delle Botteghe Oscure. Il secondo capitolo riguarda il replay alla segreteria dei D.S., del seccurity di noantri. Altro nome, altra corsa, avanti: c’è posto! Così la guerra di Piero ricominciò da due. Nella terza puntata, l’Highlander piemontese, si veste dei panni di Ministro del commercio estero del Governo D’Alema. Durante il mandato, in uno dei suoi viaggi all’estero nello specifico in Russia, dalle pagine di un quotidiano uscì un titolo ingombrante per il sempiterno Fassino: Piero, ricordati gli alpini. Un articolo corredato dalla lettera, in copia autenticata, di Vincenzo Bianco a tale Ercole Ercoli, al secolo Palmiro Togliatti detto il Migliore, al tempo rifugiato in Unione Sovietica. La lettera era stata pubblicata con tanto di risposta, del migliore dei criminali, all’ingenuo Bianco. Il buon Vincenzo supplicava Togliatti una clemenza verso i 68.000 alpini prigionieri in Russia. La replica di Togliatti fu di quelle da lasciare senza fiato pure un bandito come il partigiano Giacca: ogni alpino morto sarà il bene del comunismo in Italia.

La vera guerra di Piero poteva iniziare da lì, ma il nostro eroe se ne guardò bene glissando con un dribbling degno di Garrincha, il funambolo brasiliano bicampione del Mondo. La palla tornò al mittente, ovvero all’autore dell’articolo, bollata come indesiderata. Tre giorno dopo, valigia in mano, cambiai lavoro tornando nella mia Toscana. L’ultimo capitolo, della saga La guerra di Piero, è recentissimo. Povero Piero, pensate: con un curriculum ricchissimo di poltrone da fare invidia a Poltrone & Sofà, si trova a giustificare il misero stipendio parlamentare di soli 4.718 euro al mese! Per fortuna netti, altrimenti dovremmo fare una questua per permettergli di fare la spesa. Spesa alla COOP, s’intende. Povero Piero… in questa sua ultima guerra dei bottoni s’è guardato bene dal evidenziare il tutto a gratis dovuto ai Parlamentari: treno, aereo, teatri, cinema, stadio, eccetera eccetera. Per il bordello non saprei, ma visto il fisico non propriamente da Rambo consiglierei l’astinenza. Ah, come dimenticare i poveri pasti alla Caritas…ops, pardon, alla buvette di Montecitorio dove un’aragosta costa 2 euro?

Grande Piero dalla guerra infinita, e povero pirla il sottoscritto nel scrivere un articolo su un miserabile di Stato. Sai, Piero? Tutti i pensionati italiani al minimo vorrebbero tanto abbracciarti stretto.

Quanto stretto non saprei, però lo posso immaginare.


Marco Vannucci