Quando se ne va un personaggio che ha fatto molte cose nel mondo dello spettacolo si muove un sentimento di cordoglio che unisce tutta Italia in un rincorrersi di citazioni e di ricordi. E’ un periodo triste per la storia della TV italiana – dopo un anno triste per la musica italiana – dopo la notizia della morte di Mago Zurlì e di Er Monnezza è oggi arrivata – durante la Pasqua – la notizia della morte di Gianni Boncompagni che di anni non ne aveva pochi, era del 1932, ma nei ricordi di tutti noi era un eterno cinquantenne iperattivo e creativo che scrive canzoni, crea programmi televisivi e scrive film.
Questo è stato nei suoi trent’anni di successi, dal 1964 al 1994, anno in cui dalla RAI sfonda oltre oceano grazie all’ultima trasmissione televisiva di enorme successo, per l’appunto “Non è la RAI” condotta dalla mitica Ambra Angiolini, andata in onda sulle TV private di Berlusconi. Quella trasmissione era un sogno per le ragazzine che volevano fare TV negli anni ’90, una guida per chi voleva una TV libera e senza troppi compromessi. Tutto da vedere poi se il successo sia durato senza Gianni.
La carriera di Gianni inizia in RAI, con Renzo Arbore, con la conduzione di trasmissioni che hanno fatto “cult” per una intera generazione, come “Bandiera Gialla” il cui nome in realtà è quello di un locale per giovani degli anni ’60. In quel periodo scrive canzoni: noto infatti anche come “paroliere”; egli scrive non solo per cantanti di grido, ma anche per gruppi meno conosciuti, sono sue alcune delle canzoni più conosciute degli “Squallor” ad esempio.
Negli anni Ottanta all’epoca delle TV di cotillons lavora con Raffaella Carrà e con Enrica Bonaccorti, Edvige Fenech e Marisa Laurito: nasce infatti “Domenica IN” che per i giovani è una trasmissione di intrattenimento sempre esistita, invece per chi è nato negli anni ’70 è l’inizio di una nuova TV, vissuta in diretta e in modo più semplice e “potabile”. La TV diventa così sempre più romana e milanese, e poi inizia a cambiare e si riempie di gente comune, anche grazie a lui.
Dal gemellaggio con la Bonaccorti nasce anche per l’appunto la trasmissione per teenager che sconvolge la Fininvest, lanciando peraltro Antonella Elia, ma è sua la paternità anche di “Bulli & Pupe” e di “Casa Castagna”.
Gianni Boncompagni fu un rivoluzionario assoluto dello stile italico di fare TV: compassato, con lunghe facce e vestiti inamidati, che era lo stile tipico dell’Italia che si presentava al mondo così, imbalsamata.
Egli muove e fa muovere i primi passi della TV italiana verso il movimento, da una parte usando il pubblico, non solo come “applausometro” ma anche come parte attiva nella scena del regista, dall’altra parte creando un senso di palco a “salotto”. Una moda che in realtà poi gli è stata scopiazzata da tutti.
Lontano dalle logiche statunitensi delle arene, più vicino alla partecipazione popolare “romana” di quartiere – guardando le sue scenografie televisive pare, in effetti, di trovarsi in un interno romano qualsiasi “X” – torna in RAI e lavora con Alba Parietti nella trasmissione rumorosissima, forse la più rumorosa in Italia: “Macao”.
In realtà anche negli anni 2000 il lavoro di Boncompagni non si è fermato: su La7 è proseguito con “Bombay” fiori e persone stranissime in “mostra”. Infine il giornalismo, con un lavoro di collaborazione con “Il fatto quotidiano”. Fatto molto strano che, nonostante i problemi normali da imprenditore e da creativo, nonostante il grande successo, Gianni Boncompagni sia riuscito a farsi amare da tutti e sia pure riuscito a districarsi dagli scandali, senza finire cannibalizzato, come accade alle star in Italia. Eroicamente, da questo punto di vista, senza dubbio un passo avanti agli altri. Mancherà!
Di Martina Cecco