Giorgia Meloni ha presentato alla Camera dei Deputati le sue comunicazioni in vista del voto di fiducia con cui dovrebbe ufficialmente prendere il via il governo presieduto per la prima volta da una donna per di più proveniente da un partito nettamente a Destra dell’arco costituzionale.
Nel annunciare i vari orientamenti di voto, ha colpito la dichiarazione di Manfred Schullian, Presidente del Gruppo misto della Camera e storico volto del Sudtiroler Volkspartei. Secondo quanto dichiarato durante un’intervista rilasciata a una nota emittente radiofonica, Schullian avrebbe infatti annunciato l’astensione all’imminente voto di fiducia, riducendo così il gap tra gli autonomisti altoatesini e il Governo.
Pomo della concordia (si perdonerà il neologismo) la presenza, nel discorso programmatico, del tema relativo alle autonomie speciali, con l’impegno a ripristinare le competenze tagliate o limitate negli ultimi anni. Era ampiamente prevedibile che la Meloni inserisse a pieno titolo questo elemento nel suo programma, vista la presenza della Lega nel Governo e di un ministro leghista – Calderoli – agli Affari regionali. Tuttavia, con la presenza di questo elemento, l’SVP ha deciso di andare verso l’astensione.
Questo voto, apparentemente irrilevante in ambito nazionale, apre invece a molti scenari sul teatro politico regionale e provinciale. Attualmente, infatti, la maggioranza del Consiglio regionale è frutto di un accordo elettorale tra l’SVP, il PATT – partito gemello dell’SVP – e il Centrodestra, comprendente i partiti Lega-Fratelli d’Italia-Forza Italia e le varie civiche presenti. Se in Trentino, per via della legge elettorale che prevede le coalizioni, il Centrodestra è stabilmente al governo, diverso è il discorso per l’Alto Adige dove vige il proporzionale puro e alle elezioni del 2018 l’SVP non ha incassato la maggioranza dei seggi, dovendo ricorrere a un accordo post-elettorale con la Lega.
Questa matassa risulta molto difficile da dipanare: il voto dell’SVP infatti risulta cruciale per stabilire i vari equilibri in seno alle prossime elezioni provinciali, che si dovranno tenere nell’ottobre del 2023 e in cui tanto l’SVP quanto – se non soprattutto – il PATT risulteranno determinanti. Andando a vedere il risultato delle elezioni politiche del 25 settembre si notano infatti alcuni dati incontrovertibili: innanzitutto, partendo dall’Alto Adige, si assiste a una ripresa dell’SVP che centra un 44,1% che ancora non dovrebbe assicurare una maggioranza sicura in Consiglio provinciale ma sicuramente è un dato migliorativo del 41,9 raccolto nel 2018; se dietro l’SVP si assiste all’arrivo quasi appaiato del centrosinistra (21,2 con PD al 10,8 e Verdi/SI al 7,7) e del centrodestra (18,4 con FdI all’11 e la Lega al 5,3) non si può non considerare il risultato basso del Terzo Polo (3,1) e del Movimento 5 Stelle (3,8), dietro a un sorprendente Vita, il movimento fondato da Sara Cunial e giunto al 7,2% dei consensi. Consensi che però potrebbero “tornare a casa” alle provinciali, rispettivamente spartiti tra centrodestra e 5 stelle.
Se comunque la situazione altoatesina resta monopolizzata dall’SVP limitandosi a dover capire se avrà bisogno dell’appoggio esterno di un altro partito o sarà “sufficiente a sé stessa”, il Trentino è uno scenario decisamente più complesso. Il centrodestra ha raccolto “solo” il 41,7% dei consensi (nel 2018 totalizzò, alle provinciali, il 46,7) con un ribaltone significativo nei rapporti di forza interni: 5 anni fa la Lega totalizzò il 27,1% in provincia, fermandosi stavolta all’11,2%; Fratelli d’Italia non superò l’1,45% dei consensi alle provinciali, oggi è primo partito del Trentino con il 25,2%, staccando di quasi tre punti il PD (22,3).
Il centrosinistra di certo non se la passa bene, fermo al 30,5% ma se a questo risultato si somma il “boom” del Terzo Polo (8,5%) la partita arriva al testa a testa, con un Movimento 5 Stelle fermo al 6% e un PATT poco dietro al 5,8%. Al PATT, a questo punto, spetta la decisione tra tre strade, tutte percorribili ma con esiti (e implicazioni politiche) profondamente diverse.
Una prima strada – già perseguita in passato in una sorta di “modello Rovereto” – è quella di muoversi in una logica Blockfrei: esattamente come nel 2018, il PATT potrebbe presentarsi come unica alternativa autonomista ai due blocchi di centrodestra e centrosinistra, incassando anche parte del consenso del Terzo Polo e giungendo così a mettere più “al sicuro” l’elezione di un Presidente di centrodestra mantenendo così intatto l’assetto regionale scaturito dal doppio risultato delle scorse elezioni, con una maggioranza SVP-PATT-Centrodetra.
Una seconda strada potrebbe essere quella dell’alleanza organica col Centrosinistra in Trentino, restando liberi da ogni ragionamento in Alto Adige. In questo caso le chance che il centrosinistra vinca le elezioni in Trentino di “corto muso” sarebbero alte, e la partita in Consiglio regionale vedrebbe comunque una netta preponderanza di autonomisti targati SVP-PATT che potrebbero persino ragionare in modo autonomo in sede regionale estromettendo dalla partita tanto il centrosinistra quanto il centrodestra.
Una terza strada, invece, vedrebbe come possibile un’alleanza esclusiva col Centrodestra. Questa strada però porta ad altre implicazioni: fino all’astensione di Schullian di oggi, infatti, gli autonomisti avrebbero sempre posto il veto alla partecipazione in qualsiasi coalizione che avesse visto la presenza di Fratelli d’Italia, ma risulta evidente che se Fugatti avesse preferito il PATT a FdI la partita si concluderebbe con un esito molto incerto e soprattutto un rischio di farsi male, tanto localmente quanto a livello nazionale. Ora tutto però può cambiare con un Fugatti che potrebbe porsi come garante tra FdI e PATT.
Caduto questo veto e diventando FdI il partito leader del centrodestra, il PATT dovrebbe trovare un punto di contatto con il gruppo rappresentato dai trentini De Bertoldi, Ambrosi, Rossato: se il primo potrebbe anche essere un nome non divisivo, le seconde due sembrerebbero essere non troppo amate dall’apparato e dall’elettorato leghista.
In aggiunta, bisogna considerare che ci saranno tre elezioni regionali nel 2023: Lombardia, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige. Tre regioni del Nord, che 4 anni fa andarono – legittimamente – alla Lega, ma che oggi è difficile scommettere che possano vedere riconfermati in toto i candidati. Il più sicuro della riconferma resta Fedriga, con la Moratti che ormai da mesi incalza Fontana. Certo è che se Salvini riuscisse a spuntare per i suoi la presidenza del Friuli e della Lombardia, rimarrebbe “scoperto” il Trentino. Se saltasse Fugatti? Da un lato, potrebbe essere la chiave di volta per portare a un centrodestra autonomista forte tanto in Trentino quanto in Alto Adige, con un accordo quadro con l’SVP. Dall’altra, i leghisti potrebbero andare allo strappo portando istintivamente il PATT a fare altre riflessioni.
Alla latina, cui prodest?
Riccardo Ficara Pigini